Ungheria al voto, con lo spettro
(anche) dell’antisemitismo

Da una parte un leader autoritario e nazionalista che ha suscitato allarme anche per le sue campagne, infarcite di veleno e pregiudizio, contro George Soros. Dall’altra un eterogeneo schieramento che guardando sia a sinistra che destra si propone di andare oltre l’attuale Primo ministro, aprendo una nuova fase politica per il Paese dopo anni di “lavaggio del cervello”. Ma forte in ciò del sostegno di un gruppo connotato da forti pulsioni neonaziste, soprattutto nella sua prima fase, come Jobbik.
È uno dei temi delle elezioni che si stanno svolgendo in queste ore in Ungheria nel segno della sfida tra Viktor Orban e Peter Marki-Zay. Le prime a presentarsi con un certo livello di incertezza dopo tre tornate vinte con facilità da Orban (che potrebbe ora pagare la sua amicizia con Vladimir Putin). Alcuni media descrivono una comunità ebraica che appare inquieta, tormentata anche fra chi si oppone a Orban all’idea di sostenere una coalizione che ha in Jobbik uno degli apici. Tra tante incognite una certezza: l’antisemitismo, in Ungheria, resta un problema molto significativo.