L’orizzonte di una guerra globale

Effetto inevitabile della spietata guerra di Putin e della tenace Resistenza ucraina è una progressiva polarizzazione degli schieramenti politici internazionali e, con la crescita di una frattura che già oggi appare insanabile, l’assottigliarsi dei margini di una possibile (ma in realtà sempre più impossibile) intesa fra le parti. Con l’ulteriore conseguenza della trasformazione di molti analisti e commentatori in altrettante Cassandre, poiché è davvero difficile se non impossibile prevedere evoluzioni positive davanti a un orizzonte così cupo. Se anche, con grande fatica e dopo continue smentite circa imminenti accordi, si arriverà a un’ intesa nei prossimi giorni, questa riguarderà i termini per la cessazione delle ostilità sul campo di battaglia o il transito dei convogli umanitari (e ciò già sarebbe di primaria importanza), non certo i rapporti futuri tra l’autocrazia russa con i suoi effettivi o potenziali alleati da un lato e l’Occidente dall’altro.
Mentre in altri contesti bellici è abbastanza frequente che nonostante lo stato di guerra i rapporti economici tra nemici non vengano interrotti, stavolta sono state proprio le armi dell’economia quelle imbracciate dall’Europa, dagli USA e in genere dai Paesi membri della Nato per tentare di contrastare l’attacco russo. Le pesanti sanzioni occidentali stanno in effetti creando gravi problemi al regime di Mosca, anche se sono per ora del tutto insufficienti a mettere fuori combattimento la macchina da guerra di Putin e anche se è un più tangibile aiuto militare quello di cui l’Ucraina avrebbe davvero bisogno in un’ora decisiva per la sua stessa sopravvivenza. La controrisposta economica del dittatore russo, che per le forniture di gas esige il pagamento in rubli da parte dei paesi “ostili” con minaccia in caso contrario di rottura contrattuale e quindi di potenziale sospensione dei rifornimenti, sposta ancora di più su questo piano l’orizzonte del contenzioso. Alla guerra sanguinosa delle armi in Ucraina si affianca una sempre più ampia guerra economica Russia-Occidente.
Lo slittamento del conflitto sul terreno dei rapporti economici potrebbe in teoria rappresentare un progresso rispetto alle distruzioni e alle vittime della guerra guerreggiata. Accade però che la lotta non a fil di spada ma a fil di contratti, di valuta e di rifornimenti sia espressione materiale di un contrasto ideologico e di valori tra mondi ormai e sempre più nettamente contrapposti. A coglierlo bastano i provvedimenti incrociati di esclusioni, chiusure, divieti reciproci: tutto ciò che è russo rischia di essere tabù da noi, paradossalmente anche quando riguarda l’arte e la cultura; in Russia, secondo uno schema più concretamente amministrativo, i dirigenti dell’Ue non sono più ammessi. La radicata opposizione si manifesta fatalmente in schieramenti politici sempre più divergenti: collaborazione e confronto tra democrazie con libera circolazione delle informazioni da un lato, verticismo autocratico, censura e repressione dall’altro. Il tutto, peraltro, senza che venga meno la guerra sul campo di battaglia, che riprende con rinnovata violenza da parte dell’invasore dopo ogni illusorio barlume di accordo. Lo scontro delle economie non produce dunque alcuna diminuzione di intensità nel quadro del conflitto, che conosce anzi così una dilatazione delle sue recondite motivazioni.
Si crea quindi un gioco di rimbalzi progressivi sempre più ampi e minacciosi: la guerra delle armi tra Russia e Ucraina è divenuta guerra economica tra Russia e Occidente; la guerra economica tra Russia e Occidente diviene espressione di una guerra ideologica e politica tra due visioni del mondo; questo conflitto ideologico e di interessi politici rischierà d’ora in poi di scivolare in un aperto conflitto armato tra le due componenti, con la inquietante possibilità che la Cina si affianchi alla Russia, seguita da chissà quanti altri paesi.
Speriamo che i protagonisti della scena internazionale riflettano a fondo sulle conseguenze ultime della spirale in cui il mondo si è avviato. Speriamo anche che l’interesse economico collettivo abbia alla fine la meglio e che non si interrompano del tutto i rapporti tra i due blocchi contrapposti che sempre più nettamente si stanno delineando. Altrimenti siamo all’inizio della fine.
David Sorani