Pagine Ebraiche, il dossier Ucraina
“Proteggiamo l’arte dalle bombe”
Konstantin Akinsha elenca i tesori della sua Ucraina. Dai 56mila oggetti del Museo dei tesori storici di Kiev ai capolavori dell’artista contemporaneo Oleksandr Rojtburd, dalle sinagoghe sparse per il paese alle chiese, i teatri, gli archivi, i monumenti. Sotto le bombe russe c’è anche questo immenso patrimonio che non si sa come uscirà dal conflitto. “Questa guerra è un attacco alle vite degli ucraini, ma anche alla nostra identità, alla nostra cultura” afferma a Pagine Ebraiche Akinsha, storico dell’arte nato a Kiev. Da settimane è impegnato, con editoriali, interviste, convegni, a portare all’attenzione di istituzioni e opinione pubblica questo tema. “Non ci resta che questo: gridare e attirare l’attenzione. In gioco c’è la cultura globale, non solo quella ucraina”.
Il suo primo pensiero è però per la tragedia umana. “È un dolore immenso vedere cosa sta accadendo al popolo ucraino. – racconta da Budapest, dove lavora da anni – La sua resistenza all’aggressione russa è eroica”. L’attenzione si sposta poi verso la memoria dei luoghi in cui è cresciuto, tra ricordi di famiglia e professionali. “Svegliarsi ogni mattina con le ultime notizie sull’invasione russa dell’Ucraina è un’esperienza strana e traumatica. I nomi delle città e dei paesi che sento sono intessuti nella geografia della mia infanzia”, ricordava in un articolo pubblicato sul Wall Street Journal a pochi giorni dall’inizio dell’aggressione. “A quei tempi, viaggiavo spesso con mio padre in alcune di quelle località per vedere chiese, palazzi fatiscenti e musei locali. Erano luoghi provinciali, verdi e polverosi, con immancabili aiuole rotonde nelle loro piazze centrali, immerse in un silenzio interrotto solo dal tubare dei piccioni”.
A Pagine Ebraiche aggiunge un altro ricordo del passato, legato alla sua Kiev. “Da piccolo avevo un legame particolare con le sinagoghe della città per un motivo diverso da quello che uno si aspetterebbe. Sotto il regime sovietico praticamente ogni impronta ebraica era stata eliminata, aggiungendosi alla distruzione nazista. Quando avevo cinque anni ricordo che ogni settimana andavo in sinagoga con mio padre, alla Brodskij, perché era stata trasformata in un teatro delle marionette”. Non un caso isolato, anzi. Quasi la totalità delle sinagoghe rimaste in piedi dopo il secondo conflitto mondiale, sotto il regime sovietico furono destinate ad altri usi. “Diverse, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, hanno ripreso vita. Ci sono stati grandi investimenti per restituirle alla comunità. Penso ad esempio a Zhitomir, dove alcuni anni fa l’unica sinagoga rimasta in piedi è stata completamente ristrutturata, integrando la facciata in un nuovo edificio, e riaperta al culto”. L’unica rimasta su oltre quaranta in una cittadina con un passato ebraico risalente alla fine del Quattrocento e in cui fino alla seconda guerra mondiale vivevano oltre 30mila ebrei. La Comunità fu più che dimezzata dalla Shoah, ma a Zhitomir si ricostruì una vita ebraica già nell’immediato dopoguerra. Migliaia di persone partecipavano alle festività ebraiche e, racconta il sito dell’Yivo, l’yiddish tornò a sentirsi per le strade. Ben presto però le autorità svietiche posero fine a questa rinascita e nel 1963 la sinagoga fu chiusa, con gli ebrei costretti a pregare nelle proprie abitazioni private.
“Dopo decenni la sinagoga è stata ripristinata, ma ora non sappiamo con la guerra quale sarà il suo destino”. E così molti altri luoghi ebraici e non. Danni si sono già registrati al museo d’arte Kuindzhi a Mariupol, la città simbolo della ferocia dei bombardamenti russi. A Chernihiv la Casa del museo Vasil Tarnovski delle antichità ucraine è andata distrutta. “È sopravvissuta ai bombardamenti dei bolscevichi nel 1918 e 1919. È sopravvissuta nella seconda guerra mondiale sotto le bombe dei nazisti tedeschi. – ha scritto sui social il suo direttore, Serhiy Laevsky – Ora l’orda nazista di Mosca è arrivata e ha rovinato un edificio molto bello e accogliente della fine del XIX secolo, un monumento della storia locale”. C’è un’amara ironia in tutto questo, aggiunge Akinsha. “Luoghi che sono sopravvissuti ai nazisti, ora sono in pericolo per mano di uomo che sostiene di voler ‘denazificare’ l’Ucraina”.
Il paradosso prosegue quando si sentono notizie come lo sfregio al Memoriale di Drobytsky Yar, costruito nel 2002 per commemorare l’uccisione di 16000 persone, quasi tutte ebrei di Kharkiv. Il Memoriale riproduce una grande menorah e uno dei suoi bracci si è piegato a causa di un attacco russo. In alcune città si cerca di proteggere come si può edifici e monumenti. A Odessa è diventata famosa, sottolinea Akinsha, l’immagine del monumento al primo sindaco della città, il duca di Richelieu, coperto di sacchi di sabbia. Dalla città lo storico dell’arte sta cercando di aiutare a salvare i capolavori di Oleksandr Rojtburd. “Parliamo di un artista, di origine ebraica, che ha avuto un ruolo cruciale nell’istituzione dell’arte contemporanea ucraina dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Le sue opere sono state esposte ovunque, da New York a Venezia. Nel 2017 è stato nominato direttore del Museo di Belle Arti di Odessa. Purtroppo è mancato un anno fa, e si sta pensando di dedicare a lui il museo di Odessa, sperando che non venga colpito”.
L’attuale direttrice, Oleksandra Kovalchuk, fuggita in Bulgaria con il figlio piccolo, alla Bbc ha raccontato di come le strutture museali non abbiano sistemi antiincendio adeguati: “In qualsiasi museo cominceranno a svilupparsi fiamme, brucerà velocemente e perderemo opere d’arte e manufatti storici”. Il personale di alcuni musei in diversi casi si è praticamente trasferito al loro interno, cercando di mettere in sicurezza quadri e opere dai missili russi e da possibili saccheggi. A rischio anche gli archivi dell’Ucraina. A Kiev e altrove, il personale lavora notte e giorno per digitalizzarli. Ma per alcuni è già troppo tardi. “Pensate – ribadisce affranto Akinsha – a tutta la storia, anche ebraica, che andrà perduta per questa guerra”.
Daniel Reichel, dossier Ucraina – Pagine Ebraiche aprile 2022
Nelle immagini: l’opera Shabbat (2014) di Oleksandr Roytburd; Konstantin Akinsha; la sinagoga corale di Kharkiv
(6 aprile 2022)