Ticketless – Le vie dell’Eden

Vorrei oggi parlare dell’ultimo romanzo di Eshkol Nevo, che mi ha tenuto compagnia questa settimana (“Le vie dell’Eden”, Einaudi). Come già mi era capitato per i precedenti romanzi non sono rimasto deluso: le tre storie di cui il libro è composto ti tengono con il fiato sospeso, salvo l’ultima, che dà il titolo al romanzo, forse un po’ troppo carica di significati allegorici, appesantita da riferimenti talmudici esornativi. Tre anelli legati fra loro da un flebile e casuale nesso dato dalla riapparizione di uno dei personaggi della storia che precede. La maestria di Nevo consiste nella analisi psicologica dei suoi personaggi, in genere si tratta di personalità insicure negli affetti, schiacciate da eventi troppo grandi per loro. Soprattutto incerti e perdenti gli uomini, le donne sempre protagoniste del loro destino. Lo sfondo di paesaggi di Gerusalemme è questa volta reso più solenne da fitti riferimenti musicali, classici e non. La spiaggia di Tel Aviv trascolora dalla cartolina turistica all’inquietante sfondo di un rave allucinogeno maturato all’ombra di una discarica: simbolo del male che inghiotte tutti i deboli, i puri? Tutte e tre sono vicende giudiziarie, più o meno gravi: le vicende narrate si colorano di giallo, soprattutto nel primo episodio ricco di colpi di scena. Nevo ha una scrittura cinematografica, che lo distingue da Yehoshua e da Oz più sottili nello scavo interiore: c’è da prevedere una rapida transizione dalla pagina allo schermo. Un limite, senza dubbio, ma i lettori durante e dopo la pandemia sentono la necessità di essere un po’ violentati. L’autore ammette in una nota che questo romanzo è stato scritto durante il lockdown e per questo è popolato di fantasmi che si muovono con grazia nella vita quotidiana di una società israeliana più viva e vivace che mai.

Alberto Cavaglion

(6 aprile 2022)