Il nuovo libro del rav Somekh
Studiare Torah, il nostro destino

Da oggi nelle librerie il nuovo saggio del rav Alberto Moshe Somekh, tra i più autorevoli rabbini italiani e apprezzato collaboratore di questa testata. Si intitola “L’albero capovolto”, lo pubblica l’editore Giuntina e si compone di una serie di lezioni sulla Torah di grande interesse e attualità. Ad introdurlo un testo del rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, con parole di apprezzamento non solo per i contenuti ma anche per il metodo scelto dall’autore: una serie ordinata di citazioni classiche dalla Torah ai commenti rabbinici anche recenti, che vengono esposte e spiegate, per chiarire progressivamente i termini dei problemi. Ve ne proponiamo di seguito un brano:

I nostri Maestri hanno paragonato il mondo creato ad un baldacchino nuziale fiorito, in attesa del suo principale inquilino: l’Uomo. Non c’è nulla come l’immagine del Creato per evocare il pensiero del Creatore. Quando il Santo Benedetto creò il mondo decise che sarebbe stato governato da due ordini di leggi: la legge naturale e la legge morale. Le leggi naturali furono stabilite una volta per tutte e come tali calate dal cielo sulla terra. A meno di occasioni eccezionali, che noi chiamiamo miracoli, in cui D. decide di intervenire sulla natura cambiandone temporaneamente il corso per qualche ragione particolare, queste leggi sono immutabili. Esse comprendono il moto degli astri e il corso delle stagioni sulla terra, per cui gli alberi fioriscono in primavera prima di dare i loro frutti in estate. Ma accanto a quest’ordine di leggi fisse ve n’è un altro. Il suo corso non è stabilito soltanto dal S. B., ma richiede la partecipazione attiva dell’Uomo. Si tratta infatti di quelle leggi che regolano il nostro comportamento. Esse sono state volute dal S. B. per il nostro bene, ma la loro applicazione non è garantita a priori una volta per tutte: dipende dalla nostra volontà. Se ci comportiamo bene, il S. B. ci ricompenserà, altrimenti patiremo le conseguenze di una cattiva scelta. In ogni caso, responsabili dei destini morali dell’umanità sono gli uomini stessi. Per quest’ordine di leggi, a differenza del primo, possiamo dire che esse partono dalla terra e hanno il loro effetto in cielo. La tradizione ebraica prescrive un’attenzione particolare per i doni della natura. Se da un lato leggiamo nella Bibbia il precetto riempite la terra ed assoggettatela perché D. non l’ha creata perché rimanesse un caos, l’ha bensì formata perché fosse abitata, dall’altro Egli ha voluto che la natura non pagasse il prezzo delle umane controversie.

Quando assedierai una città a lungo, combattendo contro di essa per occuparla, non distruggere i suoi alberi colpendoli con la scure, perché solo i suoi frutti potrai mangiare, ma l’albero non lo dovrai tagliare. Infatti è forse l’albero del campo come un uomo che può ritirarsi a causa tua in un luogo fortificato?

Il paragone fra l’uomo e l’albero ha sollecitato la riflessione dei grandi Maestri d’Israele. Scrive a questo proposito il Maharal di Praga:

In verità l’uomo è sì chiamato «albero del campo», ma è un albero capovolto, perché l’albero ha la radice in basso infissa per terra, mentre l’uomo ha la radice in alto. Infatti la sua radice è l’anima che è di origine celeste; le mani sono i rami dell’albero, le gambe sono rami sovrapposti ai rami e il corpo è il tronco dell’albero. Perché l’uomo è un albero capovolto? L’albero ha radici in basso perché deriva la sua vitalità dalla terra, mentre la vitalità dell’anima umana deriva dal Cielo…

Già lo Zohar afferma che l’uomo è stato creato ad immagine dell’Alto e la Sapienza Suprema gli ha infuso un’anima santa in modo che egli procedesse nelle vie della Torah onde perfezionarsi.

Fintanto che ha in sé l’anima santa, l’uomo deve moltiplicare nel mondo l’immagine del Re Supremo, in modo simile ad un fiume che scorre senza che le sue acque si esauriscano mai… Il legno è metafora dell’uomo, come dice il versetto: «poiché l’uomo è come l’albero del campo».

L’Uomo deve a questo punto imparare a collocare il suo legame con il Cielo, proprio perché è vitale, nella giusta prospettiva per evitare di abusare del proprio ruolo. I peggiori crimini della Storia sono stati provocati da questo «errore di parallasse»: non aver capito che, per certi versi, siamo paragonabili a una camera oscura e dobbiamo saper tradurre gli insegnamenti celesti in un linguaggio terreno.

Rav Alberto Moshe Somekh, L’albero capovolto, Giuntina

(7 aprile 2022)