Odessa, volto di tante identità

Mark Twain, sbarcato a metà ‘800 ad Odessa, racconta la città sul Mar Nero come una piccola America. È un luogo di cultura, di energia, dove le persone possono costruirsi nuove identità e ripartire da zero. Un sogno americano ai confini dell’impero russo. “Odessa non possedeva una sua tradizione, ma non aveva timore di sperimentare nuove forme di vita e nuove attività” racconterà un suo celebre cittadino, Vladimir Jabotinskij. Qui molti ebrei, Isaac Babel, Sholem Aleichem, Jabotinskij stesso, sperimenteranno le proprie idee. La cosmopolita Odessa è stata per russi, ebrei, ucraini, greci, italiani un rifugio e un’ispirazione. Ma è stata il teatro di violenze terribili, di pogrom feroci, di decadenza. Una doppia anima raccontata perfettamente da Charles King, docente di relazioni internazionali alla Georgetown University, e autore di Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno. Le pagine di King aiutano a capire il passato e il presente di questo celebre porto sul Mar Nero, costruito per volere della zarina Caterina la Grande e oggi minacciata dal Cremlino. Grande conoscitore dell’Europa orientale, King a Pagine Ebraiche racconta le sue impressioni sull’aggressione di Mosca, riflette su un patrimonio a rischio e sul segno lasciato nella storia, anche ebraica, da Odessa.
Cosa ha pensato quando ha sentito dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin e della sua falsa retorica sulla denazificazione?
È un’affermazione particolarmente grottesca, visto che l’Ucraina ha un presidente ebreo. È ancora più ridicola quando è la Russia, non l’Ucraina, che oggi si avvicina di più a un classico stato fascista: un governo a partito unico, un leader tirannico, e persino un simbolo iconografico la famigerata “Z” che viene dipinto con lo spray sulle porte di giornalisti e dissidenti a Mosca. L’affermazione è ovviamente assurda, ma del resto gran parte della Russia di Putin è diventata completamente priva di contatto con la realtà.
Un rabbino di Odessa ha raccontato di aver paura, oltre che della guerra, anche della possibilità che nella città esplodano violenze interne. Cosa pensa di questa preoccupazione?
È sicuramente accaduto nel 2014. Odessa ha sperimentato una significativa violenza interna in quel periodo, tra persone che erano oppositori del vecchio esecutivo di Kiev e sostenitori delle proteste di Maidan che hanno portato un nuovo governo al potere. Odessa ha anche una lunga storia di violenza urbana. È una città che, nonostante le sue gargantuesche conquiste, nonostante la sua cultura di apertura e sperimentazione, è anche scesa periodicamente in una violenza orribile, con Odessani che hanno combattuto altri Odessani. Tuttavia, al momento sono meno preoccupato per questo. La minaccia di un’invasione russa, più la prova quanto successo in altre città come Kharkiv e Mariupol, ha consolidato un forte senso di unità a Odessa. Se non altro, penso che probabilmente vedremo una resistenza veramente eroica se i russi dovessero cercare di prendere la città con la forza.
In queste settimane molti articoli hanno celebrato Odessa come città della convivenza, ma il suo libro ci ricorda che non era così semplice. Come è nato questo mito? Per esempio, perché gli eventi dell’occupazione rumena del 1941 sono praticamente dimenticati?
La storia della Shoah al di fuori delle aree controllate dalla Germania nazista è ancora una parte poco studiata. E per molti decenni, gli storici romeni semplicemente non hanno prestato alcuna attenzione a ciò che gli amministratori militari e civili romeni fecero durante la guerra, specialmente in quei territori occupati, comprese la Transnistria e Odessa. Negli ultimi vent’anni, però, una nuova generazione di storici, sia in Romania che in Ucraina, ha fatto un lavoro enorme per rivelare questa storia non raccontata. La mia preoccupazione ora, tuttavia, è che molto del materiale essenziale per raccontare quella storia si trova nell’archivio regionale di Odessa. Se quell’edificio va perso a causa di un missile russo, per esempio un’enorme storia andrà perduta. Questo è ancora più vero per la realtà ebraica ucraina. L’archivio di Odessa contiene anche i registri di nascita e di matrimonio delle comunità di tutta l’ex “Zona di residenza”. È una testimonianza inestimabile della vita ebraica prima della Shoah e la sua perdita sarebbe una sorta di seconda distruzione delle storie familiari e della storia regionale.
Rispetto al mondo ebraico, Odessa è stata sia una città per gli ebrei che cercavano di trovare una nuova identità, ma allo stesso tempo è stata uno dei teatri dell’antisemitismo più violento. Come si conciliano queste due anime?
La violenza antisemita ha luogo dove ci sono gli ebrei, e quindi non è sorprendente che un luogo che è stato di fatto multiculturale abbia avuto anche orribili episodi di uccisioni antiebraiche. Ma se non altro, credo che gli ultimi due decenni abbiano visto Odessa abbracciare questa storia. La vita ebraica in città è stata fiorente, almeno rispetto a un’epoca precedente. La città ha accolto visitatori e turisti con legami familiari. La vita artistica della città è fiorita. Ora, tutto questo è tristemente minacciato dalle bombe e dai missili russi.
Che segno hanno lasciato i famosi ebrei della città su Odessa, penso a Babel ma anche a Jabotinsky o Aleichem?
Non è esagerato dire che Odessa ha aperto la strada a diversi modi di essere ebrei. C’è la versione Babel, un prodotto di un mondo russofono intrecciato con quello yiddish. C’è la versione di Sholem Aleichem, che fu il principale catalogatore della vita degli shtetl negli ultimi anni dell’impero russo. C’è la versione socialista, portata in quello che sarebbe poi diventato Israele da immigrati di Odessa e di altre parti del vecchio impero russo. E poi c’è la versione di Jabotinsky, che è una forma più ristretta di nazionalismo ebraico che nella visione di Jabotinsky stesso avrebbe preso come modello altre forme di nazionalismo europeo, rifiutando qualsiasi ruolo speciale per gli ebrei nella storia umana e costruendo uno stato-nazione come avevano fatto gli italiani o i tedeschi in una fase precedente della storia. In tutti questi volti, Odessa mostra che ci sono stati a lungo molti modi di essere ebrei, così come ci sono stati molti modi di essere odessani. Ed è proprio questo senso di pluralismo che rappresenta l’opposto della Russia di Putin oggi.
Daniel Reichel, Dossier Ucraina, Pagine Ebraiche Aprile 2022