Mariupol, l’ultima battaglia
Contro ogni previsione, l’assediata Mariupol ha resistito a lungo all’offensiva russa. È stata la città più bombardata dal Cremlino: metà dei raid aerei russi si è concentrato qui. Secondo il sindaco in città ci sono “oltre 10mila civili morti” e, scrive il Corriere, le forze ucraine temono l’uso da parte di Mosca di armi chimiche per concludere l’assedio. “La presa di Mariupol è fondamentale per i russi, – sottolinea Repubblica – dal punto di vista simbolico per dimostrare che è possibile piegare la resistenza ucraina e dal punto di vista pratico perché libera forze da usare per l’offensiva imminente nel Donbass”. Per questo tutti i quotidiani parlano di ultima battaglia per Mariupol, dove, dichiara il Cremlino, i suoi uomini hanno già conquistato il porto. Mosca intanto, spiega Repubblica, prepara la fase due del conflitto proprio a Est: dopo gli errori a Kiev e l’imprevista strenua resistenza ucraina con la collaborazione della popolazione civile, ora Putin vuole lanciare una campagna di massa sul Donbass. Secondo l’intelligence britannica potrebbe usare anche bombe al fosforo per farsi strada. “Il Wall Street Journal ha scritto che il primo obiettivo sarebbe Izyum, e per fermarlo bisogna cambiare tattica, fornendo in fretta agli ucraini armi pesanti come carri armati, artiglieria a lunga gittata, missili anti-nave per impedire i bombardamenti dal mare, aerei. L’intelligence occidentale poi dovrebbe dare le informazioni che i cellulari non bastano più a fornire”. In tutto questo continuano le strazianti testimonianze delle vittime dell’invasione russa. A Repubblica Hanna Bilobrova, moglie del regista lituano Mantas Kvedaravicius, racconta di aver cercato per quattro giorni il marito a Mariupol. Lo ha trovato in strada senza vita. “Adesso vivo per finire il suo film” dedicato all’assedio della città.
Francia, la sfida Macron–Le Pen. I due candidati all’Eliseo sono impegnati in una campagna per recuperare i voti necessari alla vittoria il prossimo 24 aprile. Macron, racconta il Corriere, guarda tra la fasce della popolazione più in crisi. E non a caso la sua campagna elettorale è iniziata in un feudo lepenista. “Quando l’estrema destra in tutte le sue forme rappresenta così tanto nel paese, non possiamo considerare che le cose vanno bene” ammette Macron, incontrando le persone a Denain, una delle città più povere della Francia (Repubblica). I sondaggi lo danno al momento tra il 51 e il 54 per cento in un paese in cui l’astensionismo ha raggiunto livelli record, in cui i giovani sono sempre più distanti dalla politica e i partiti tradizionali hanno smesso di contare, scrive il Giornale. A proposito di giovani, il loro voto è andato soprattutto a Melenchon e Macron vuole provare a conquistarli (in questa fascia, spiega il Corriere, il presidente uscente è andato male). I redditi bassi hanno scelto Le Pen che intanto non chiede aiuto all’estremista Zemmour – che le ha comunque dato il proprio endorsement -, ma cerca di continuare a presentarsi come moderata.
Se vince Le Pen. “Se la Le Pen arrivasse all’Eliseo, sarebbe la fine dell’Unione. Peggio: la Repubblica stessa sarebbe in pericolo. Di fatto, Marine propone attraverso i suoi referendum un colpo di Stato”, a dirlo al Corriere il direttore di Le Monde Jerome Fenoglio, analizzando i risultati elettorali in Francia e le prospettive per il paese. “Marine Le Pen, alleata con Eric Zemmour, rappresenta la Reazione. – afferma Fenoglio – La Francia che non ha mai accettato la Rivoluzione, la dichiarazione dei diritti dell’uomo, la fraternità universale. L’idea che gli uomini nascano liberi e uguali, e che uno straniero possa avere gli stessi diritti di un francese. Al contrario, loro pensano la nazione come un corpo vivo, e gli stranieri come un virus che lo attacca e lo corrompe. C’è una linea che parte dalla Vandea e arriva all’estrema destra attuale passando per la Restaurazione, Vichy, l’Algeria francese”. Per Claudio Cerasa del Foglio il ballottaggio francese rispecchia le scelte che devono fare i politici nazionali in Europa: “essere utili costruttori dell’Europa o essere utili idioti del putinismo”. Il politologo Giovanni Orsina invita ad evitare il catastrofismo come risposta alla nuova ondata di populismo in Francia. Lo fa dalle colonne de La Stampa, che in un altro articolo racconta delle scelte di campo della politica italiana, in particolare a destra: Salvini si è schierato con Le Pen, Meloni ha evitato.
Tensione in Israele. Questa mattina un poliziotto israeliano è stato aggredito ad Ashkelon, nel sud del paese, da un palestinese armato di coltello. Ha riportato ferite leggere, mentre l’assalitore è stato ucciso. Un episodio che si aggiunge alla striscia di violenza di queste settimane, con i diversi attacchi terroristici che hanno colpito Israele. Il Sole 24 Ore segnala come nelle operazioni in Cisgiordania di contrasto al terrorismo siano morti quattro palestinesi. Il governo di Gerusalemme ha deciso di intensificare le attività militari nell’area, ma allo stesso tempo, riporta il Sole 24 Ore, “ha adottato una serie di misure per cercare di calmare la situazione, inclusa la concessione di permessi a migliaia di palestinesi della Striscia dI Gaza, gestita da Hamas, per lavorare all’interno di Israele”.
Il destino dell’Anpi. “L’Italia ripudia la guerra”, è lo slogan scelto dall’Anpi per la ricorrenza del prossimo 25 aprile, riportato sul manifesto ufficiale per il giorno della Liberazione. Una citazione parziale dell’articolo 11 della Costituzione che sta ricevendo molte critiche, dopo che l’associazione dei partigiani si era schierata contro il sostegno dato dall’Italia all’Ucraina. E dopo la sua incomprensibile scelta di non condannare i massacri russi a Bucha, ma rifugiarsi dietro alla richiesta di una commissione d’inchiesta internazionale. Su La Stampa Luca Bottura e sul Corriere Massimo Gramellini definiscono inaccettabili queste posizioni dell’Anpi. Rispetto al manifesto per il 25 aprile, Gramellini sottolinea poi come non vi sia “nessun cenno all’invasore Putin, che se non è un fascista, di certo gli assomiglia. Poi una citazione monca dell’articolo 11 della Costituzione, ‘L’Italia ripudia la guerra’, dimenticandosi di aggiungere ‘come strumento di offesa’ e arrivando così all’assurdo di ripudiare anche quella di Liberazione”.
Memoria tradita. Continua a far discutere la decisione di istituire la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini per il 26 gennaio. Sia per la concomitanza con il 27 gennaio e la confusione che potrebbe crearsi, sia per il significato della data scelta, come scrivono su Stampa e Manifesto gli storici Gianni Oliva e Claudio Vercelli. Si fa infatti riferimento alla battaglia di Nikolajewka, dove gli alpini avevano combattuto nel 1943 contro l’Armata rossa al fianco dei nazisti. “Perché una data istituzionale, approvata in Parlamento, deve riferirsi proprio a ‘quella’ guerra fascista 1940-43?”, si chiede Oliva. Per Vercelli con questa scelta “la radice antifascista della Repubblica è messa in gioco sotto le spoglie di un’inesistente pacificazione”.
Daniel Reichel