Il problema della corruzione
Transparency International ha di recente pubblicato la sua classifica dei paesi con la più elevata “corruzione percepita” e Israele si trova in “bassa classifica”: a livello mondiale è la trentaseiesima nazione più virtuosa (su centosessanta paesi) ma tra le economie avanzate è arrivata buona ultima, al ventinovesimo posto; del gruppo di coda fanno parte, appena più su, anche l’Italia, la Polonia, l’Ungheria, Turchia e Grecia. Ma cosa ha fatto Israele per meritarsi questo trattamento? Come mai negli ultimi cinque anni il punteggio assoluto (grado di corruzione) è peggiorato di cinque punti e si trova dietro a paesi come gli Emirati Arabi e il Qatar? L’indice di corruzione percepita, che viene elaborato sulla base del giudizio qualitativo di esperti e non di parametri quantitativi, guarda principalmente al comportamento “corruttivo” di due settori: in primo luogo le grandi imprese esportatrici e le multinazionali, che talvolta “oliano gli ingranaggi” per aggiudicarsi contratti e commesse estere; in secondo luogo la pubblica amministrazione e in particolare la classe politica.
Ebbene su entrambi questi fronti Israele negli ultimi anni ha mostrato lacune e numerose sono state le vicende giudiziarie che hanno interessato la “grande industria” e la classe politica. La lista di imprenditori israeliani condannati per aver corrotto funzionari pubblici stranieri per aggiudicarsi commesse è lunga: nel 2020 il colosso farmaceutico Teva ha pagato una sanzione per aver corrotto funzionari russi, ucraini e messicani. La società di costruzioni Shikun ve Binui, controllata dalla miliardaria Shari Arison, è stata condannata per motivi analoghi. Casi con grande risonanza mediatica hanno riguardato Bank Hapoalim, coinvolta assieme a Credit Suisse nello scandalo che nel 2020 ha investito la FIFA.
Israele è uno dei maggiori centri mondiali per il taglio dei diamanti: ebbene due inchieste separate hanno interessato negli ultimi anni due miliardari israeliani, Beny Steinmetz e Dan Gertler, accusati di aver corrotto Capi di Stato africani (in Guinea e in Congo) per ricevere in concessione miniere di diamanti. Anche i casi di corruzione di politici israeliani sono stati negli ultimi anni numerosi e di alto profilo. Basti ricordare i processi e le inchieste giudiziarie a cui è ancora sottoposto l’ex premier Benjamin Netanyahu. Altri illustri precedenti sono rappresentati dal Primo ministro Ehud Olmert, che nel 2015 ha scontato alcuni mesi di carcere per corruzione e, in anni più lontani, dall’ex ministro Aryeh Deri, leader del partito religioso Shas, che negli anni 2000 ha scontato diversi anni di carcere sempre per corruzione.
Questo alto numero di condanne di leader politici di primissimo piano è per certi aspetti unico tra le economie avanzate e scaturisce da due fattori che, combinati, hanno effetti dirompenti: da un lato un sistema politico molto frammentato (si vota col proporzionale puro) in cui piccoli partiti fanno da ago della bilancia e ottengono poltrone e fondi pubblici spropositati rispetto alla loro forza elettorale; dall’altro una magistratura e una polizia con ampi poteri investigativi e un sistema giudiziario di tipo anglosassone, molto efficiente: la polizia impone spesso interrogatori anche alle massime cariche dello Stato e queste ultime non possono sottrarsi, anche perché l’immunità dei parlamentari e dei ministri è pressoché nulla.
Aviram Levy, economista
(21 aprile 2022)