Mariupol, il dramma di Vanda
Agli sgoccioli la resistenza delle forze ucraine a Mariupol. “Potrebbero essere i nostri ultimi giorni, le nostre ultime ore di vita” la testimonianza via social di Sergiy Volyna, il comandante della 36ma brigata della marina nazionale asserragliata nel complesso siderurgico di Azovstal.
Tra le vittime dell’assedio e dei soprusi russi c’è anche la 91enne Vanda Semyonovna Obiedkova, che scampò alla Shoah bambina e che è morta nella sua casa. “Morta di freddo e di fame nella città ‘che non voleva lasciare’, ha detto la figlia Larissa, ora in salvo”, sottolinea tra gli altri Repubblica. Per Il Giornale una sorte simile a quella “di migliaia di vittime civili sommerse dai calcinacci dei palazzi sventrati dalle granate”.
Non tutta la Russia è con Putin. Repubblica racconta a tal proposito l’emigrazione di migliaia di ebrei russi in dissenso con la linea del Cremlino verso Israele. Tra loro “giornalisti, artisti, intellettuali, ma anche giovani e professionisti, fieri esponenti di quel 15-20% della popolazione che, secondo l’istituto indipendente Levada, non supporta il conflitto”.
Su Domani si torna a parlare del ruolo svolto dallo Stato ebraico nel tentativo di arrivare a una mediazione. Sforzi inconsistenti, secondo il quotidiano, anche per via della “crisi sul piano della sicurezza che assorbe tutte le energie del premier”.
Il Corriere intervista Liliana Segre sul significato del 25 Aprile in arrivo. Per la senatrice a vita impossibile “intonare Bella ciao senza rivolgere un pensiero agli ucraini che nelle scorse settimane si sono svegliati e hanno ‘trovato l’invasor'”. Ciò, aggiunge, “non vuol dire ovviamente essere contro il popolo russo, vittima delle decisioni disumane del suo leader”. Segre dice la sua anche sulla Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini fissata di recente al 26 gennaio: “Non mi capacito di come si sia potuto scegliere un’impresa compiuta in quella guerra: se il nazifascismo avesse vinto, non ci sarebbe il 25 Aprile”. Sulla questione si esprime anche lo storico Miguel Gotor, che su Repubblica accusa: “Un tentativo inopportuno di politicizzazione della memoria destinato non a unire ma a dividere nonostante siano trascorsi quasi 80 anni dai fatti”.
La Stampa propone un brano dal saggio postumo Gesù e Giuda di Amos Oz. “Il Nuovo Testamento non viene mai insegnato in nessuna scuola ebraica di Israele, né, che io sappia, altrove. Così, molti ebrei, passati e presenti, non hanno altro che una vaga — spesso piuttosto superficiale, spesso molto incerta — idea di Gesù”, sosteneva lo scrittore israeliano.
La prefazione all’opera è curata da Erri De Luca, di cui Il Fatto Quotidiano anticipa il testo. Si chiede l’intellettuale: “La figura di ‘Iehudà’ è divenuta la base e il simbolo dell’antisemitismo cristiano. Ma l’ebreo Gesù non era cristiano. E se il suo rapporto con l’Iscariota fosse stato diverso da quello raccontato finora?”.
Un altro libro in evidenza è Nazisti a Cinecittà, di Mario Tedeschini Lalli. “Non è fiction ma realtà: due luogotenenti di Kappler lavorarono sui set di Risi, De Sica, Visconti”, spiega Repubblica.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(21 aprile 2022)