Il Cdec racconta la Resistenza ebraica

Il 27 settembre del 1943 i fratelli napoletani Alberto e Leo Defez si uniscono alla rivolta contro l’occupante nazista. Combattono nella gloriosa insurrezione delle Quattro giornate di Napoli e vedono i tedeschi lasciare la città. “Ci sentivamo liberi, ma non certo tranquilli”, racconterà Alberto Defez.
Nel marzo del 1944 il pisano Eugenio Calò, unitosi ai partigiani, guida la divisione “Pio Borri” nella zona del Casentino. È rimasto solo e cerca giustizia nella lotta armata contro i nazifascisti. La moglie Carolina Lombroso e i figli Elena, Renzo e Alberto sono stati catturati, imprigionati nelle carceri fiorentine delle Murate e infine deportati nei lager, dove saranno assassinati. Carolina, prima della deportazione, era incinta. Quattro mesi dopo anche il marito cade in mano tedesca. Torturato, Eugenio Calò viene ucciso nella strage di San Polo del 14 luglio 1944.
Il genovese Giuseppe (Pino) Levi è un antifascista della prima ora. Mandato al confino, dopo molte vicissitudini, viene liberato dal governo Badoglio nel 1943. Con l’armistizio dell’8 settembre si dirige verso Roma, dove entra nelle bande dei Castelli Romani. In poco tempo ne diventa il comandante militare su nomina del Cln. Mette nero su bianco questa esperienza nel suo diario Guerriglia nei Castelli romani, in cui parla di cosa significhi fare la Resistenza. Ad esempio sparare: “Non avevo mai sparato in vita mia contro nessun essere vivente, perché la caccia non mi piace e non immaginavo proprio che fosse così facile ammazzare un uomo. Ma i tedeschi sono uomini?”.
Le vicende di Levi, di Calò, dei Defez sono un esempio del contributo ebraico alla Resistenza, ma tante sono ancora le storie da scoprire, come spiega Liliana Picciotto, responsabile per la ricerca storica della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano. Assieme ad un gruppo di lavoro ad hoc, Picciotto ha scandagliato migliaia di documenti e messo in piedi un primo importante catalogo di duecentocinquanta nomi di ebrei che, a vario titolo, fecero parte della lotta di Liberazione con riferimento alle esperienze in Campania, Lazio e Toscana. “L’orizzonte di lavoro è ancora lungo. – spiega la storica a Pagine Ebraiche – Ma volevamo dare un primo quadro del materiale che abbiamo raccolto”. E metterlo a disposizione di tutti. In occasione del 25 aprile infatti sarà messo online il sito resistentiebrei.cdec.it, “in cui si potranno trovare nomi, dati anagrafici, fonti di riferimento del lavoro svolto. In più abbiamo costruito dieci approfondimenti su altrettante figure che sono sia eccezionali sia paradigmatiche. Dieci storie veramente stupende con un focus più approfondito sulle loro biografie, le famiglie, gli studi, qualche fotografia. Per ognuno abbiamo creato un podcast da ascoltare. Un lavoro di cui siamo orgogliosi e credo che potrà piacere al pubblico”.
Tra le dieci storie, c’è quella straordinaria di Lea Loewenwirt (nell’immagine – Archivio Le Chateu Edizioni/Miriam Reuveni). “Una ragazzina di quindici anni, partita da Anversa con quattro fratellini e i due genitori. Il padre è un po’ pauroso, ed è lei a diventare la capofamiglia, guidando tutti attraverso l’Europa occupata. Nasconde, mente alle autorità, si finge di altre nazionalità e arriva, con quasi tutta la famiglia in salvo fino a Roma. Una storia incredibile”. Una vicenda che sarà la stessa Lea, infermiera a Haifa, a raccontare a Picciotto in una delle marce organizzate in Val di Gesso, nel cuneese, per ricordare gli ebrei in fuga dai nazifascisti.
La storia di Lea è unica, ma restituisce allo stesso tempo uno dei tanti esempi di resistenza ebraica all’oppressione nazifascista. “L’idea dell’intero progetto è quello di restituire agli ebrei un’immagine che non sia solo quella di vittime. – spiega Picciotto – Era del resto il progetto iniziale del Cdec e dei suoi giovani fondatori: dare voce ai resistenti ebrei e alle loro storie. Non dimentichiamo che tra loro ci furono padri della patria che hanno contribuito a costruire l’Italia democratica. Vale la pena mettere in luce questo doppio aspetto di ideale di recuperata democrazia, come di ribellione. Ci ricorda che queste persone furono soggetti nella storia e lottarono in modo diverso contro l’oppressione”. Alcuni dei nomi erano noti, altri invece sono emersi con un lavoro paziente di analisi delle fonti dell’Archivio della Fondazione Cdec così come dell’Archivio Centrale dello Stato. “Con i miei collaboratori abbiamo letto migliaia di richieste di persone che volevano, nel dopoguerra, ottenere lo status di partigiano o patriota dal ministero dell’Assistenza postbellica. Dava qualche piccolo vantaggio, tra cui evitare la leva militare. Noi abbiamo verificato ad una ad una le richieste in cerca di figure legate al mondo ebraico”.
Un lavoro d’archivio che prosegue quindi uno degli obiettivi originari del Cdec e che guarda a risalire la Penisola. Al momento infatti il progetto si è concentrato sul Centro Italia, ma proseguirà poi verso Nord. “È presto per dire se c’è un filo conduttore tra le varie esperienze. Prevale un’ideale di lotta per la giustizia, con una comprensibile adesione al partito d’azione, più in linea con le idee di una certa borghesia ebraica. Ma non tutti vi appartenevano e per questo i motivi dietro alle scelte sono diversi. Potremmo trarre le fila alla fine, dando anche seguito all’idea di realizzare un libro”. L’invito oggi, aggiunge Picciotto, è quello di andare a scoprire e ascoltare sul sito le storie degli oltre duecentocinquanta ebrei già individuati. “Un modo diverso per festeggiare la Liberazione”.

dr

(Nell’immagine in alto: Israele Bemporad, a sinistra, e altri partigiani durante la liberazione di Pistoia, autunno 1944. Press Association Inc., Archivio Fondazione CDEC).