Oltremare – Racconto
Capita spesso ma non sempre, per i capricci dei calendari lunare e solare, che Pesach cada intorno al Giorno della Liberazione. E così ci troviamo noi nella tradizione nei primi giorni di libertà, insperata forse, ancora nel dubbio su come sopravvivremo nel cammino che dire impervio è poco nel mezzo di un deserto senza confini visibili, e intanto nella vita quotidiana al limitare esatto fra prigionia e libertà, in una fine aprile italiana sempre meno unita nel festeggiare una liberazione lontana e forse non più abbastanza evidente nella sua necessità.
E forse per una volta bisognerebbe abbandonare certe remore millenarie tipiche della vita da ebrei diasporici, sospesi fra la dimensione della famiglia e della comunità e quella nazionale, e offrire noi una soluzione abbastanza facile, tutto sommato, agli italiani che non sanno più come rapportarsi con il 25 aprile. Come noi, ogni anno, al principio della haggadà di Pesach diciamo, ciascuno a sè stesso e a tutti i presenti, che ogni ebreo deve raccontare la liberazione dall’Egitto – luogo di assenza delle libertà – come se lui stesso ne fosse uscito proprio questa sera, si potrebbe fare lo stesso come italiani. Il passaggio, traumatico e incerto, fra tirannia e libertà, fra schiavitù al volere di un capo assoluto e scelta di appartebenza ad un popolo nuovo, o rinnovato, è qualcosa che conosciamo bene e ben sappiamo raccontare. Se nelle piazze italiane oggi si raccontasse l’orrore della tirannìa e la grandezza della libertà, pochi davvero avrebbero l’incoscienza di mettere in discussione quest’ultima. Il potere semplice ed immediato del racconto non andrebbe mai sottovalutato.
Daniela Fubini
(25 aprile 2022)