“Aggressione russa all’Ucraina
un banco di prova per l’Europa”

“Non si può sostenere che l’Italia è una Repubblica nata dalla Resistenza, fondata sull’antifascismo militante, e poi decidere chi altri abbia il diritto di fare o non fare la Resistenza e di scegliere o meno la libertà rispetto alla sopravvivenza e alla tirannide. Non si può prima inneggiare alla Resistenza vietnamita e ora negare quel diritto al popolo ucraino aggredito, che chiede aiuto. Ognuno mette la faccia e il suo destino sulla propria libertà, come singolo o come popolo. Gli altri possono decidere di aiutarlo o meno. Quel che non si può fare è dire agli altri (popoli e persone) come comportarsi senza rischiare nulla della propria pelle e del proprio benessere (materiale). O peggio, non si possono impartire loro delle ‘disposizioni’ allo scopo di evitare (magari illudendosi) rischi personali o riduttivi del proprio benessere. L’aggressione della Russia all’Ucraina è un primo e fondamentale banco di prova dell’unità e della solidarietà europee”.
Così Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale, nella sua orazione per il 25 Aprile a Genova. Un tema tra i tanti che sono al centro di una intervista di prossima pubblicazione su Pagine Ebraiche in cui il professor Flick si sofferma, tra i vari argomenti, sulla possibilità che un giorno Putin risponda dei suoi crimini nell’aula di un tribunale, sulla legittimità della fornitura di armamenti all’Ucraina, sullo stato della Memoria in Italia, sull’algoritmo come nuovo “vitello d’oro”.
Di seguito alcuni estratti dal suo intervento di ieri:

Pari dignità sociale e solidarietà per affrontare le crisi

Due principi sono fondamentali ed espliciti nell’architettura della Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza e dalla Liberazione il 2 giugno 1946, per affrontare la duplice crisi della pandemia e della guerra: la pari dignità sociale e la solidarietà. La “pari dignità sociale” è evocata dal Presidente della Repubblica nel messaggio al Parlamento del 3 febbraio 2022. Richiama la lettera e lo spirito della Costituzione – di fronte alle difficoltà, incertezze e tensioni – proponendo l’obiettivo di un’Italia “più giusta, più moderna…” in cui le diseguaglianze territoriali e sociali vengano meno. Un’Italia che “offra ai suoi giovani percorsi di vita nello studio e nel lavoro…”; che superi il declino demografico; che si impegni “nella tutela dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi” anche nei confronti delle future generazioni. Un’Italia che “riannodi il patto costituzionale” fra gli italiani e le istituzioni democratiche; che orienti il processo di rilancio dell’Europa e persegua una “politica di pace”. Un’Italia che rifletta “sul funzionamento della nostra democrazia” e il rispetto dei requisiti di efficienza, di garanzia e di tempestività delle decisioni istituzionali. Il Presidente della Repubblica ha indicato nella pari dignità sociale il “caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo” nel significato sociale, etico e culturale. È una “pietra angolare” del nostro impegno. Sono troppe e intollerabili le violazioni della dignità: le morti sul lavoro; la violenza sulle donne; il razzismo; le condizioni dei migranti; la negazione del diritto allo studio; la solitudine degli anziani; la povertà e la precarietà senza orizzonti; la disoccupazione; l’alternativa coatta fra lavoro e maternità; il sovraffollamento delle carceri e le loro condizioni. La “solidarietà” è altrettanto importante. È un valore fondante della Costituzione per l’ordinamento giuridico; è richiamata con la dignità dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; svolge una funzione di integrazione sociale; contribuisce a garantire un minimo livello di omogeneità nella compagine sociale. La solidarietà chiama ad agire non soltanto per calcolo utilitaristico o per imposizione di un’autorità, ma anche per libera e spontanea espressione della socialità che caratterizza la persona. Il legame tra solidarietà e dignità individua la garanzia “irrinunciabile e irriducibile” di diritti come quelli alla salute, alla casa ed al lavoro; determina il livello essenziale di prestazione dei diritti civili e sociali da garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Quel legame è reso drammaticamente attuale dalla aggressione della Russia alla Ucraina. La solidarietà è fonte di diritti e al tempo stesso di doveri secondo la Costituzione e la Carta europea dei diritti. La prima riconosce i diritti inviolabili dell’uomo e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. La seconda impegna alla lotta contro l’esclusione sociale e la povertà, ed alla garanzia di un’esistenza dignitosa per chi non disponga di risorse sufficienti. In questo senso assumono un particolare rilievo nella Costituzione la pari dignità sociale, l’eguaglianza formale e il compito della Repubblica: rimuovere gli ostacoli e le limitazioni alla libertà ed all’eguaglianza. La Costituzione vincola i cittadini in patto di convivenza che si applica anche agli altri, la cui dignità è pari a quella dei cittadini in quanto persone.  

La Costituzione e la guerra

La Costituzione «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Non ripudia la difesa di fronte alle aggressioni e la solidarietà con l’aggredito e con i suoi profughi. Promuove la partecipazione alle strutture internazionali di pace e giustizia. Le immagini di bambini, donne e uomini torturati, uccisi, insepolti sull’asfalto delle strade e nelle cantine, irrompono nella nostra pacifica quotidianità. Non sono una messa in scena; sono il capo di imputazione documentato (senza bisogno di una commissione di inchiesta internazionale) di una serie sconvolgente di crimini contro l’umanità e di guerra. Di fronte a quelle immagini dovrebbero rinviarsi a tempi migliori le discussioni – anche quelle sagge (che sono in numero minore dei talk show) – sulle responsabilità pregresse; sulle differenze o similitudini fra la Resistenza ucraina all’aggressione russa e quella a suo tempo dell’Italia contro il nazismo; sul significato attuale della Nato e sulle spese per armamenti; sui limiti dell’aiuto a quella Resistenza anche oltre l’accoglienza dei profughi. L’alibi del “né … né …” o del “si, però…” non dovrebbe avere spazio. Restano fermi – con il ripudio della guerra – almeno il rifiuto del commercio di armi in contrasto con le rigide modalità previste dalla legge al fine di evitare il loro utilizzo per conflitti tribali o con paesi confinanti, anziché per difesa; ed il rifiuto del commercio con paesi che non condividano con l’Italia la promozione e la partecipazione ad organismi internazionali per la pace e la giustizia. È legittimo essere pacifisti senza se e senza ma; teorizzare che sia preferibile “meglio rossi che morti”, piuttosto che “meglio morti che rossi”; affermare che la vita (la propria però, perchè non si può imporre ad altri quella scelta) vale più della libertà. Non si può però sostenere che l’Italia è una Repubblica nata dalla Resistenza, fondata sull’antifascismo militante, e poi decidere chi altri abbia il diritto di fare o non fare la Resistenza e di scegliere o meno la libertà rispetto alla sopravvivenza e alla tirannide. Non si può prima inneggiare alla Resistenza vietnamita e ora negare quel diritto al popolo ucraino aggredito, che chiede aiuto. Ognuno mette la faccia e il suo destino sulla propria libertà, come singolo o come popolo. Gli altri possono decidere di aiutarlo o meno. Quel che non si può fare è dire agli altri (popoli e persone) come comportarsi senza rischiare nulla della propria pelle e del proprio benessere (materiale). O peggio, non si possono impartire loro delle “disposizioni” allo scopo di evitare (magari illudendosi) rischi personali o riduttivi del proprio benessere. L’aggressione della Russia all’Ucraina è un primo e fondamentale banco di prova dell’unità e della solidarietà europee. Alla richiesta dell’Ucraina di aiuto con la messa a disposizione di armi, il governo italiano ha risposto in sostanziale sintonia con gli altri governi europei, in base al voto del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, in rappresentanza dei popoli europei. È un primo passo per riprendere il cammino verso la difesa comune, interrotto a suo tempo pur mettendo in comune le materie prime e le risorse energetiche (anche nucleari). Al dramma dei profughi dell’aggressione all’Ucraina l’Italia sta rispondendo con la solidarietà umana e sociale dell’accoglienza, che non consente di distinguere fra essi e gli altri profughi che fuggono da altre e più lontane terre non confinanti e da altre guerre.  

Una Costituzione attuale ma poco attuata

Primo Levi, partigiano arrestato che si dichiarò ebreo per evitare di essere interrogato sui suoi compagni e fu inviato nel campo di sterminio, ammonì che “Quando sulla tua strada incontri qualcuno che consideri nemico, là inizia la strada per il campo di sterminio”. L’affermazione si ripropone oggi con l’invocazione di Liliana Segre – anch’essa reduce dal campo di sterminio – contro l’odio e per il dovere e il diritto della memoria, di fronte all’aggressione e alla guerra. La Shoah, la distruzione di un popolo, resta unica anche per le modalità della sua pianificazione e la scientificità della sua esecuzione, per “fortuna” non portata a compimento grazie alla sconfitta dei nazisti. Ma i genocidi sono proseguiti; si sono ripetuti in altri modi e in altre condizioni, come i delitti contro l’umanità e di guerra (ex Jugoslavia, Rwanda, Sud Sudan, ora Ucraina). La politica e la diplomazia internazionale hanno elaborato diversi sistemi politici e processuali per il loro accertamento e repressione: tutti pregevoli, ma tutti di difficile applicazione in concreto per diverse ragioni. La Costituzione mira ad evitare un futuro in cui si riproponga un passato nel quale sono stati quasi sempre la guerra e l’odio collettivo l’unico strumento della geopolitica e della risoluzione delle controversie, o al più la regola del processo ai vinti. Secondo la Costituzione il diritto al territorio e quello alla memoria, il diritto al passato e quello al progetto del futuro sono coordinate fondamentali del nostro modo di essere e della nostra identità individuale e sociale. Invece viviamo solo nel presente e vediamo solo ciò che ci interessa, seguendo la regola del profitto, della velocità, dell’efficienza, invece di quella della pari dignità sociale e della solidarietà. Tre sono le componenti essenziali della nostra identità nel passaggio da individuo a persona: lo spazio, il tempo, le relazioni con gli altri. Sono state compromesse dalla pandemia (cfr. la virtualità; l’obbligo di vaccinazione; la sostituzione dell’incontro/dialogo con il contatto on line, tranne la convivenza coatta in carceri sovraffollate). Tentazioni di economia ed efficienza spingono a mantenere quelle limitazioni anche dopo la fine della pandemia. Vi è il rischio di protrarre e aggravare gli squilibri e le disfunzioni conseguenti alla necessaria compressione temporanea di diritti nell’emergenza del contagio. L’irrompere della tragedia della guerra propone interrogativi ancor più pesanti in un’Europa a territorio crescente, nella quale sono stati condivisi valori importanti per la nostra convivenza. La Costituzione è ancora attuale, dopo più di 70 anni? Molti dicono di no. Prima di rispondere dovremmo domandarci: quanto l’abbiamo attuata? Quanto abbiamo realizzato di ciò che è scritto su quel documento?  Oggi – nel nostro paese come in Europa – sono ancora presenti grandi diseguaglianze, differenze di dignità sociale, “diversità”. Alcune sono particolarmente emblematiche: la condizione della donna; dei detenuti; degli anziani; degli emarginati; dei giovani; dei disoccupati; dei migranti. Il disprezzo, l’odio e la violenza sono sempre più frequenti nella discriminazione razzista. Rifugiarsi di fronte a ciò dicendo che la Costituzione va cambiata perché non basta o non è più attuale, vuol dire rifugiarsi in un alibi per nascondere che in realtà essa non è stata in buona parte attuata. Credo invece che la grande lezione rappresentata dalla Resistenza, dalla Liberazione di Genova e dell’Italia il 25 aprile 1945 e dalla Costituzione che da essa è nata, sia attuale ancora e soprattutto oggi, di fronte alle conseguenze – che si sommano – della pandemia, delle atrocità e dei temuti sviluppi dell’aggressione della Russia all’Ucraina.

Giovanni Maria Flick

(26 aprile 2022)