Alpini e commemorazioni
È stata istituita con legge dello Stato la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini. Si dispone che “La Repubblica riconosce il giorno 26 gennaio di ciascun anno quale Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini, al fine di conservare la memoria dell’eroismo dimostrato dal Corpo d’armata alpino nella battaglia di Nikolajewka durante la seconda guerra mondiale, nonché di promuovere i valori della difesa della sovranità e dell’interesse nazionale nonché dell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano”. Ne hanno scritto qui, ottimamente, Gadi Luzzatto Voghera e Claudio Vercelli (8 e 10 aprile 2022).
Sul sito del dicastero della difesa vi è una descrizione: “Quando ormai stavano calando le prime ombre della sera e sembrava che non ci fosse più niente da fare per rompere l’accerchiamento, il generale Reverberi, comandante della Tridentina, saliva su un semovente tedesco e, incurante della violenta reazione nemica, al grido di “Tridentina avanti!” trascinava i suoi alpini all’assalto. Il grido rimbalzò di schiera in schiera, passò sulle labbra da un alpino all’altro, scosse la massa enorme degli sbandati che, come una valanga, assieme ai combattenti ancora validi, si lanciarono urlando verso il sottopassaggio e la scarpata della ferrovia, la superarono travolgendo la linea di resistenza sovietica. I Russi sorpresi dalla rapidità dell’azione dovettero ripiegare abbandonando sul terreno i loro caduti, le armi ed i materiali. Il prezzo pagato dagli alpini fu enorme: dopo la battaglia rimasero sul terreno migliaia di caduti. Tutti gli alpini, senza distinzione di grado e di origine, diedero un esempio di coraggio, di spirito di sacrificio e di alto senso del dovere”.
Sull’eroismo degli alpini non è lecito gettare ombre. Il problema, però, riguarda l’impresa in cui Benito Mussolini li aveva impegnati, affiancandoli all’armata tedesca nell’invasione dell’Unione Sovietica, che andò di pari passo con il primo sterminio sistematico degli ebrei ad opera dei nazisti, mediante gli Einsatzgruppen. Mentre leggevo la parola “Nikolajewka” trovavo bizzarro che al suo interno, magicamente, vi fosse la parola “jew”, la quale parola freudianamente riporta al terribile massacro degli ebrei del posto. Su “Oggi Treviso” del 2 febbraio 2021 leggo: “Gli Alpini hanno onorato la memoria delle vittime dell’olocausto e dei caduti a Nikolajewka”. In una dittatura, le scelte si subiscono, e dover combattere assieme ai nazisti è stata una terribile violenza, alla quale violenza si è aggiunto il massacro cui è andato incontro, eroico e incolpevole, il corpo degli Alpini.
Così si arriva al dilemma: se contrasti la scelta di onorare l’eroica rottura dell’accerchiamento ad opera degli Alpini, non sei un patriota mentre, se la celebri, non puoi trascurare il contesto del supporto all’impresa di Adolf Hitler, il peggior criminale della storia (anche se i record esistono per essere battuti). Nemmeno puoi ignorare che gli Alpini non avessero molte scelte, e che il dicastero della difesa scrive che “mentre per il trasporto in Russia del Corpo d’Armata Alpino erano stati necessari 200 treni, per il ritorno ne bastarono 17”; quindi, a criticare questa scelta legislativa, si rischia di passare per insensibili. Tutto questo non sarebbe accaduto se fra le infinite vie per onorare gli alpini, se ne fosse scelta una che non ci vedesse affiancati ai nazisti, perché è una scelta che fa male agli stessi alpini. Tutti possiamo sbagliare, è vero, ma è altrettanto vero che nessuno è poi fiero dello sbaglio, tanto più che il tempo per evitarlo non mancava.
Al riguardo, di recente, è stato pubblicato un ulteriore (e ottimo) contributo sulla memoria: Ugo Volli, Mai Più! Usi e abusi del Giorno della Memoria, Edizioni Sonda, Milano, 2022, dove si legge “Ci sono ricorrenze stanche e inflazionate. Per rivitalizzarle è necessario periodicamente interrogarsi sul loro significato e la loro utilità”. Anche qui si pone un dilemma: se critichi le giornate della memoria istituite con legge (ve ne sono moltissime) sei un insensibile, se le sostieni, accetti il rischio di un trionfo della retorica sulla conoscenza. Volli avverte del rischio moralistico, a scapito dell’esattezza e, in ultima analisi, della storia stessa. Stante la sua posizione rilevante nel mondo accademico e la sua caratura scientifica, il contributo di Volli non riporta, ma aggiunge e quindi non lo si può trascurare.
Non vorrei proporre una soluzione – che, invero, penso di avere – perché non credo che le mie opinioni personali debbano per forza coincidere in modo implacabile con la verità, quanto meno in un caso come questo che si presta alle predette diverse letture. Mi accontenterei, pertanto, di segnalare che queste commemorazioni (nelle quali, come dice Ernesto Galli della Loggia, la memoria rischia di sopraffare la storia) non dovrebbero lasciare mai spazio alla retorica, sia per il dovuto rispetto a chi si commemora, sia perché il primo dono che riceviamo dalla libertà è quello di poter ragionare, appunto, da uomini e donne liberi.
Emanuele Calò, giurista