Resistenza, il contributo ebraico
Quanti ebrei hanno combattuto nella Resistenza in Italia e nel resto d’Europa? Quale il significato, quale l’impatto della loro partecipazione? Domande sulle quali era incentrato l’incontro “Storie di uomini e donne ebrei nella Resistenza” svoltosi al Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma con gli interventi di Wlodek Goldkorn, Laura Quercioli Mincer e Marco Cavallarin, introdotti e moderati dalla storica Anna Foa.
Sullo sfondo un’immagine scelta da Foa che ritrae due figure chiave per intraprendere questo viaggio: Luciana Nissim e Vanda Maestro, entrambe vicine a Primo Levi. Accanto al giovane chimico torinese le due amiche condivisero la lotta antifascista e antinazista ma anche, purtroppo, la deportazione in campo di sterminio. La prima sopravvisse, la seconda invece restò assassinata.
Resistenza in armi, ma anche Resistenza culturale. Come quella messa in atto da Emanuel Ringelblum e dai suoi collaboratori in quella straordinaria impresa che è passata alla storia come “archivio Ringelblum”, ripercorsa ieri da Goldkorn. Determinante il ruolo di Rachel Auerbach, che una volta finita la guerra riuscì a ritrovare i recipienti all’interno dei quali tale documentazione era stata conservata. Un’altra figura luminosa intrecciata a questi fatti è quella di Michael Borowicz, intellettuale e partigiano, della quale ha parlato in seguito Mincer. Eloquente, anche in questo caso, una foto: immortala Borowicz, nell’area che fino a poco tempo prima era il Ghetto di Varsavia, mentre recupera una parte dell’archivio.
Cavallarin ha infine raccontato varie storie di resistenti italiani. Tra i nomi citati quelli di Alberto Terracina e Franco Cesana, il più giovane partigiano morto in combattimento. Entrambi erano stati ospiti in precedenza dell’allora orfanotrofio Pitigliani.
La serata si è aperta con i saluti del presidente del centro Bruno Sed.