“Ferruccio Valobra, valori vivi”

“Spero che il mio sacrificio come quello dei miei compagni serva a darvi un migliore domani, in un’Italia più bella quale io e voi abbiamo sempre agognato nel più profondo del nostro animo”.
È quanto auspicava Ferruccio Valobra – partigiano ebreo torinese – rivolgendosi alla moglie e alla figlia in due lettere scritte appena prima della sua fucilazione. Antifascista, membro del Partito repubblicano clandestino, dopo l’8 settembre 1943 entrò a far parte del primo CLN carmagnolese e divenne comandante (con il nome di Capitano Rossi) di una formazione autonoma operante nel territorio circostante. Tradito da un anonimo delatore nel settembre dell’anno successivo – ha ricordato il presidente della Comunità ebraica torinese Dario Disegni durante una recente commemorazione – “fu incarcerato e torturato da elementi della Guardia Nazionale Repubblicana e quindi, al termine di un sommario processo, condannato a morte il 21 settembre e fucilato il giorno seguente nel Poligono di tiro del Martinetto”.
Valobra era nato nel 1898 e dopo la prima guerra mondiale, dove aveva servito come capitano degli Alpini, era stato decorato con Medaglia d’argento al valor militare. Ciò non gli impedì comunque la radiazione dall’esercito con la promulgazione delle infami leggi razziste. Alla sua memoria è andata la gratitudine di tanti in queste settimane di appuntamenti declinati, anche a Torino, nel segno della Resistenza. A rimarcarlo la scelta della redazione del settimanale della Città metropolitana di Torino, il cui ultimo numero si apre proprio sul 25 Aprile e sulla figura esemplare di Valobra. “A noi – sottolinea Disegni, di cui la pubblicazione riporta un ritratto del capitano – il compito di vigilare affinché quei valori di libertà, giustizia e uguaglianza tra tutti i cittadini per i quali i Martiri del Martinetto e tanti partigiani e resistenti sacrificarono la propria vita, oggi scolpiti come pietre miliari nella Costituzione della nostra Repubblica, siano difesi strenuamente contro ogni tentativo di rimetterli in discussione, sempre e comunque”.