Kitnyot

Al termine del periodo di Pesach può essere interessante analizzare un fenomeno di fervore religioso che può essere correttamente definito eccessivo, perché eccede ogni possibile interpretazione del comandamento di astenersi dal cibarsi di pane lievitato durante il periodo di Pesach, codificato nel capitolo 12 di Shemot (Esodo):18-19. Come sempre il linguaggio biblico, molto sintetico, è stato analizzato e commentato da un gran numero di Maestri nel corso dei secoli.
La prima sorpresa e il dubbio che sorge di conseguenza è l’oggetto del divieto: “chiunque mangi “mahmezet”, cioè “lievitato”, verrà reciso dal Popolo”. Cioè non è scritto cosa è lievitato, ma semplicemente il fatto di essere lievitato. I Maestri, basandosi probabilmente sul contesto, hanno stabilito che il divieto di “fermentato” o “lievitato” si riferisca soltanto alle 5 specie di cereali che appartengono o sono strettamente imparentate al genere “Triticum”, cioè il genere cui appartiene il frumento (oltre al frumento, orzo, avena, segale e farro). Parleremo in futuro della storia dell’evoluzione del frumento che è alla base della nutrizione, del sostentamento (pane e pasta) e probabilmente dell’evoluzione del genere umano. È interessante notare che l’evoluzione di queste specie sia avvenuta nei millenni proprio in Medio Oriente ed in parallelo con la storia del Popolo Ebraico descritta nella Torah. Senza questa interpretazione, limitante il divieto alle 5 specie, anche il vino, che è fermentato dagli stessi lieviti, dovrebbe essere bandito durante il periodo di Pesach: invece la Kedushà (consacrazione della festa) viene fatta mediante l’impiego del vino, ottenuto tramite la fermentazione del succo dell’uva proprio per mezzo del lievito di birra. Tuttavia nell’interpretazione di cosa deve essere fermentato la comunità sefardita e quella ashkenazita divergono fortemente. Secondo i sefarditi (che malgrado l’aggettivo derivato dalla Spagna (Sefarad) , comprendono gli ebrei della sponda meridionale del Mediterraneo) limitano il divieto di consumo nei giorni di Pesach ai fermentati delle 5 specie sopra ricordate. Gli ashkenaziti, invece (con uno zelo che può correttamente essere definito eccessivo) sostengono che oltre ai lievitati delle 5 specie, sono banditi anche anche i fermentati di semi (o farinati) di tutta una serie di piante che nulla hanno a che vedere con le classiche 5 specie. Infatti secondo gli ashkenaziti sono vietati anche i fermentati di miglio, riso, sorgo, mais, e papaveri. Questi vengono denominati kitnyot cioè, letteralmente “piccolini”: di fatto una corretta traduzione li potrebbe definire “semini”, cioè piccoli semi. È quasi superfluo ricordare che molte di queste specie ( se non tutte) non erano presenti nella Terra Promessa nel momento in cui il Popolo ricevette la Torà, per cui in quel tempo,il divieto di consumarle sarebbe stata una prescrizione priva di senso e quindi oggi dovrebbe essere considerata inesistente. Il riso originario dell’Oriente asiatico giunse in Medio Oriente intorno al 4° secolo, cioè quando a Roma regnava Costantino e in Israele c’era Hillel 2°. Il mais è una specie che, provenendo dall’America, comparve solo dopo la scoperta di Cristoforo Colombo. Il miglio è di provenienza incerta: un’ipotesi lo vuole originario dell’India. E pare sia arrivato in Israele intorno al 4° secolo dell’E.V. Maimonide nel suo trattato “Mishné Torà” indica tra i kitnyot soltanto semi di leguminose, mentre le graminacee diverse dal frumento vengono indicate come dagan.
L’effetto positivo delle Leguminose sulla qualità nutrizionale del terreno, nella Mishnà è ancora ignoto. Le Leguminose infatti arricchiscono il terreno perché sono dotate di capacità di fissare sulle radici l’azoto atmosferico, (processo biologico che costituisce un caso unico nel mondo vegetale, anzi nel mondo vivente, con l’eccezione di alcune alghe), e che una volta trasformato in azoto organico resta disponibile e soprattutto utilizzabile anche per le colture successive, oltre che, ovviamente, per altri organismi viventi (vegetali ed animali). Si tratta di un meccanismo prezioso e fondamentale per la sopravvivenza della vita sulla superficie della Terra. Malgrado questa incongruenza, le Autorità ashkenazite a differenza di quelle sefardite) vietano l’utilizzo, durante Pesach di riso, miglio, mais, fagioli, piselli e arachidi. L’unica farina ammessa è quindi la farina (cioè la fecola) di patate oppure la matzà macinata. Un’interessante, e per certi versi curiosa, particolarità è la misura del tempo per dichiarare chametz la mescolanza di farina e acqua. Infatti l’azzima è fatta di farina di frumento (quindi appartenente alle 5 specie) mescolata con acqua ed impastata, prima di iniziare la cottura nel forno. Quanto tempo può trascorrere tra l’inizio del contatto con l’acqua e l’inizio della cottura in forno senza che possa sorgere un giustificato timore di fermentazione spontanea? A questa domanda risponde la Mishnà (Pes. 46 a) con un’unità di misura decisamente curiosa: il tempo necessario per percorrere a piedi 1 miglio (romano): i Maestri hanno tradotto questo tempo in 18 minuti.
In conclusione, dall’analisi dei Testi, appare evidente che il divieto di consumare kitnyot durante Pesach è un’estensione impropria delle prescrizioni della Torah, che, proprio per questo fatto, viola la Torà stessa, in quanto questa prescrive (Deut. 4:2) di non aggiungere alcun comandamento alle prescrizioni già presenti nella Torà stessa.

Roberto Jona