Nazioni e civiltà
La scrittrice Oriana Fallaci nel libro “La rabbia e l’orgoglio” per dimostrare la supposta superiorità della civiltà occidentale rispetto al mondo arabo elencava decantandoli i suoi filosofi, gli artisti, gli scienziati, i musicisti e le loro numerose invenzioni. Al contrario, secondo questa visione distorta, all’altra cultura, quella araba, rimaneva solo Maometto e Averroè. Se il grado di civiltà di una determinata nazione davvero si misura con il numero di artisti e filosofi – inutile dire che la storia ha dimostrato più spesso il contrario – sarei curioso di sapere come può collocarsi l’attuale Russia.
La Russia dal XIX secolo in poi non ha avuto un numero così minore di personalità celebri rispetto all’Europa, anzi in definitiva i grandi scrittori e artisti russi fanno ormai parte a tutti gli effetti del canone occidentale. Perché per quanto sia irrisolta la domanda se la Russia sia o meno un paese culturalmente europeo, potremmo comunque affermare che la Russia discende in buona parte dall’Europa, perché la sua storia ha guardato sempre quella europea, così come la sua cultura dominante che si è costruita dipendentemente da essa, anche in quelle correnti slavofile che all’Europa si opponevano apertamente.
Il Rus’ di Kiev dal quale la Russia prende nome e origini era probabilmente un conglomerato di genti slave e scandinave, i regnanti successivi e la classe nobiliare avevano molto spesso origini tedesche, le riforme degli ultimi zar seguivano o anticipavano ricalcandole quelle europee, il socialismo da cui poi è nata l’Unione Sovietica per quanto riadattato nel tempo era stato concepito nelle aree industriali del Nord Europa. Con la caduta del Muro di Berlino ci eravamo poi illusi che la nuova Federazione Russa, tra liberalizzazioni e elezioni democratiche, si sarebbe rimessa nuovamente sulla nostra stessa careggiata. Non pochi mesi fa Vladimir Putin da gran parte della destra (non solo quella prettamente sovranista) era ancora considerato un faro e un valido difensore dell’Occidente cristiano e delle sue radici.
In definitiva è certo arbitrario, sciocco, ed etnocentrico misurare sia il grado di civiltà di una nazione che il grado di europeicità, ogni cultura nazionale non è mai “pura” ed è sempre il prodotto di contaminazioni e incontri con più culture. La Russia, non meno dei paesi ex coloniali europei, ha assoggettato i vari khanati sul suo territorio è così entrata in contatto con culture diverse come quelle turche, mongole, iraniche del Caucaso e dell’Asia centrale e orientale. Forse allora di fronte alla Russia di Putin che bombarda l’Ucraina, massacra i civili, e minaccia il mondo con l’atomica sarà più conveniente per molti pensare di nuovo la Russia come una “cultura altra”, un paese quasi alieno, lontano in tutto da noi. Magari giustificando la tesi proprio con il fatto che gli odierni russi sarebbero un coacervo di popolazioni asiatiche e dunque barbare. Alcune testate giornalistiche per esempio hanno rimarcato la circostanza che i criminali della strage di Bucha sarebbero ceceni e buriati “dagli occhi stretti”. Un facile escamotage.
Ma la Russia che in questi giorni attenta alla pace e al futuro stesso dell’umanità, in realtà non è né Daesh e né l’Afghanistan dei talebani, avrebbe dovuto condividere ipoteticamente con l’Occidente gran parte dei suoi riferimenti e dei suoi valori morali. Ciò dovrebbe dunque portarci a interrogare anche sulla nostra supposta incolumità ed estraneità rispetto alla strada che la Russia di Vladimir Putin ha imboccato.
Francesco Moises Bassano
(29 aprile 2022)