La mano nera

Con molto rammarico, negli ultimi tempi, ho diradato i rapporti con un caro amico, squisita persona, degnissima figura di curioso intellettuale. Mi ha detto che Giorgia Meloni è una affidabile amica degli ebrei, e io gli ho risposto delicatamente ma fermamente opponendogli le mie perplessità.
Giorgia Meloni, è vero, si sta proponendo come rappresentante di un nuovo schieramento di destra, di destra liberale, portatrice di nobili ideali di patriottismo e libertà e di una fumosa politica sociale fatta di parole al vento. Sul suo patriottismo sovranista fuori tempo non abbiamo dubbi. Qualche perplessità ci rimane invece sulla sua idea di libertà. Libertà di chi? Libertà per chi? Libertà quando? Quali libertà? Ci può portare qualche evidenza storica realizzata del suo concetto di libertà?
Ma ciò che più attanaglia la nostra mente confusa è la posizione di Giorgia Meloni, dei suoi colleghi di partito e dei suoi elettori su un punto che a noi ebrei sta molto a cuore: il rapporto con il fascismo.
Non facciamo nomi, perché inutile e perché non abbiamo qui lo spazio sufficiente per citarli tutti, ma abbiamo ben presenti i saluti romani e i canti di Faccetta nera, e gli striscioni nelle curve sud degli stadi, e le assenze numerosissime e generalizzate alle manifestazioni del 25 aprile, vissuto dai nostalgici del fascismo come una sconfitta del nazifascismo. E soprattutto i molti silenzi su Forza Nuova e su Casa Pound. È ben difficile allora potersi fidare del doppio taglio che Giorgia Meloni e il suo partito applicano alla questione dell’antisemtitismo. Una mano che carezza, con ampie dichiarazioni di simpatia per noi e per Israele, e una mano nera dentro a un guanto che non è di velluto e ci schiaffeggia e ci conferma gli usi del bel tempo passato, rievocando gli stereotipi e i pregiudizi del fascismo all’apice della sua infausta gloria.
Non ho mai sentito dire, né a Giorgia Meloni né ai molti suoi influenti e visibili colleghi di partito, che il fascismo è stata una iattura, un periodo di politica criminale e razzista. Le dichiarazioni di condanna sono sempre al minimo, tangenziali e di superficie. Sono più frequenti le giustificazioni del periodo maledetto che è stato il fascismo e la Repubblica di Salò, così bella e così piena di ideali infranti. Ricordiamo lo scandalo suscitato da Gianfranco Fini quando proclamò che il fascismo era stato il ‘male assoluto’. Non ricordiamo nostalgici fascisti che l’abbiano sostenuto a spada tratta e si siano convertiti agli ideali di una destra-centrista liberale.
Timeo Danaos et dona ferentes. Non mi fido di Giorgia Meloni e della sua destra nostalgica e giustificazionista. Ho voglia di poter votare una destra pulita, soprattutto vergine e intonsa, che non abbia rimpianti per i massacri coloniali e per le leggi razziste del ’38, che non eriga monumenti a Graziani e intitoli piazze ad Almirante, e non si batta per ideali sepolti dalla storia.
La mia prossima nota sarà ovviamente per i nostalgici di Stalin e della grande Russia, così, per compensare e per non essere accusato di comunismo.

Dario Calimani

(3 maggio 2022)