La questione principale

Un Vice Comandante della Polizia Municipale si è reso noto a livello nazionale per aver postato su Facebook “Rossoneri ebrei”, “Finalmente si torna nella posizione naturale di dominio sugli ebrei”, ecc., essendosi poi scusato dicendo che il suo era un linguaggio da ultrà calcistico senza contenuto antisemita. A noi non importa nulla del caso specifico, e non ci interessa nemmeno giudicarlo, perché per farlo dovremmo avere dei poteri specifici d’indagine. Quello che ci stupisce, invece, è che in un Paese di legulei veri, di legulei presunti e di aspiranti legulei, la questione principale (che non riguarda questa persona, che non siamo in grado di giudicare), non passi in secondo piano ma, peggio, sia del tutto ignorata. È legittimo, secondo il diritto positivo, che io mi riferisca agli ebrei in quel modo? Se lo è, si pone un problema che può riguardare le scelte del legislatore, ovvero l’idoneità dell’ordinamento oppure gli orientamenti giurisprudenziali. Invece, è sorprendente che la questione finisca per essere inquadrata soltanto alla luce della morale corrente (che è sempre discutibile) oppure dell’aderenza ai comportamenti coperti da norme disciplinari. Per non essere ambiguo, dico la mia: ho la sensazione che le norme vigenti a tutela degli ebrei e contro il razzismo in generale siano quasi tutte inadeguate, anche quando recepiscono normative internazionali, e questo caso ne costituisce l’ennesima dimostrazione. Se si trinciano giudizi morali, vuol dire che su quelli giuridici non si fa assegnamento. Non da oggi, constato che abbiamo una marcata tendenza ad imboccare la via dell’ermeneutica, giudicata scientificamente nobile, a scapito dell’interesse per la redazione delle norme, considerato banale, e questi sono i risultati.

Emanuele Calò, giurista

(3 maggio 2022)