Dittatori e paragoni fuorvianti
Il Giorno della Vittoria celebrato il 9 maggio in Russia ma non solo – tra i paesi in cui è celebrato v’è anche Israele – ricorda come ben sappiamo la capitolazione della Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale. La “grande guerra patriottica”, come in Russia viene chiamato ciò che è stato il conflitto sul fronte orientale, più che una vittoria dell’Unione Sovietica guidata da Iosif Stalin – il quale commise in realtà una lunga serie di errori tattici i quali si rivelarono disastrosi – commemora l’enorme sacrificio di quei combattenti e quelle popolazioni ex-sovietiche e est-europee che si mobilitarono letteralmente con ogni mezzo per frenare l’avanzata di Adolf Hitler. Sul fronte orientale morirono probabilmente oltre trenta milioni di persone tra militari, prigionieri e civili.
Il fatto che quest’anno il Giorno della Vittoria coincida con l’aggressione russa in Ucraina e che le due guerre vengano in qualche modo accumunate da parte del governo russo dimostra ancora una volta come la storia venga costantemente riscritta, in questo caso quasi a spregio di coloro che hanno davvero combattuto contro il nazismo.
Ma del resto in questi mesi ciò che credevamo di conoscere va un po’ completamente rivisto. Abbiamo imparato che in definitiva Adolf Hitler era un pacifista il quale “non era certo intenzionato a scatenare un grande conflitto mondiale”. Abbiamo inoltre appreso che egli era un “ebreo che odiava se stesso”, qualcuno inoltre ormai da anni cerca di convincerci che la Shoah vada un po’ ridimensionata, che in fondo l’Italia di Mussolini applicò le leggi razziali controvoglia (magari senza neppure accorgersene), che le stragi delle foibe siano state soltanto parte di una tragedia inerente gli italiani da mettere sullo stesso piano del genocidio concepito e attuato dai nazisti. Mentre la Russia aggrediva l’Ucraina siamo poi venuti a conoscenza che gli alpini che combatterono insieme ai nazisti per forzare il blocco dell’Armata Rossa e invadere così l’Unione Sovietica erano in realtà degli eroi il cui “sacrificio” non può essere dimenticato. La “grande guerra patriottica” al contrario quindi ovvero l’Operazione Barbarossa il cui scopo includeva lo sterminio o la schiavitù di milioni di ebrei, zigani, oppositori politici e slavi per creare il lebensraum hitleriano.
Per quanto con tutt’altre intenzioni da quelle descritte in precedenza, dovremmo anche evitare in preda all’emotività di paragonare Adolf Hitler con Vladimir Putin o con chiunque altro. Non è semplicemente necessario effettuare questo tipo di paragone per dimostrare che anche Putin e le sue azioni siano abiette e criminali. Così come non è neppure necessario comparare la resistenza al nazi-fascismo da quella all’esercito russo in Ucraina per poter affermare che un popolo ha tutto il diritto di difendersi anche con le armi quando aggredito militarmente.
La storia ha visto un’indeterminata scia di dittatori sanguinari e crudeltà che non possono essere ugualmente assimilabili a ciò che è stato il nazi-fascismo, e questo non dovrebbe diventare un metro di paragone per misurare il livello di abominazione di qualcuno o qualcosa. Il rischio è creare un’arma a doppio taglio che finisce per banalizzare e sminuire i fenomeni che prendiamo in considerazione senza poi comprenderli realmente. Di questo passo tra qualche secolo ciò che è stato il nazismo con i suoi orrori potrebbe venir derubricato a qualcosa che in definitiva si è verificato nel corso della storia innumerevoli volte, in più tempi, luoghi e con diversi attori, e quindi privo davvero di importanza e menzione. Un pericolo questo da non sottovalutare.
Francesco Moises Bassano