Essere qedoshim
“Siate santi perché santo sono io il Signore vostro D-o” (Vaiqrà 19;1). Il termine “qedoshim” che dà il nome alla nostra parashà viene usato per mettere alla stessa stregua il rispetto al Signore e il rispetto al popolo. Qadosh è il Signore D-o, Qedoshim sono gli ebrei che seguono le regole della Torà. L’espressione del nostro versetto non è rivolta soltanto ad una parte del popolo, ai prescelti o ai notabili, bensì “lekhol ‘adat bené Israel – a tutta la congregazione dei figli di Israel”. Non c’è gerarchia tra gli ebrei, tutti devono essere qedoshim.
Essere qedoshim non è un merito, è un imperativo!
L’imperativo della Torà impone al popolo di distinguersi dalle altre nazioni, come l’unico D-o si distingue dalle divinità dei popoli pagani.
Il grande Maestro Rashì insegna che le cose che portano ad essere distinti sono l’alimentazione e il comportamento sessuale.
Questi sono considerati comportamenti che accomunano uomini e animali; la differenza nell’etica sociale è che gli uomini debbono distinguersi dagli animali, anche in quei comportamenti considerati più materiali e che potrebbero rendere simili, gli uni agli altri; gli ebrei invece, attraverso l’osservanza delle regole della kasherut, della taharat ha mishpachà – la purezza famigliare e di tutta le regole comandate loro, si avvicinano sempre di più alla dimensione divina, venendo così definiti “‘am qadosh”.
Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna
(6 maggio 2022)