“Tripoli e gli eroi dell’Alitalia:
sono vivo grazie a loro”
Non c’è emergenza o crisi dove Walter Arbib non sia intervenuto, anteponendo a ogni altra considerazione la sua umanità, il suo agire per un principio supremo senza confini né appartenenze. In pagine appassionanti lo racconta “Fermi, non sparate sono Walter!”, la sua biografia scritta dal giornalista israeliano Yossi Melman.
Pubblicato ora anche in Italia dall’editore Salomone Belforte, il libro ripercorre l’incredibile vita di questo filantropo figlio della Libia ebraica sradicata dalle violenze del giugno del 1967 che dice di sentirsi ugualmente a casa “in Italia, in Israele e in Canada” e la cui prospettiva è il mondo nel senso più ampio del termine. Dal Sud Est asiatico travolto dallo tsunami, al Medio Oriente più ostile ad Israele, fino all’Ucraina sotto attacco russo, non ha mancato di darne prova negli scenari più intricati.
Tra le pagine più significative della sua biografia, tradotta dall’inglese dalla giornalista Rossella Tercatin, quelle in cui è descritto il coraggio del personale dell’Alitalia che gli tese una mano per aiutarlo a lasciare il Paese natio attraversato dai feroci tumulti antisemiti che determinarono la fine di questa millenaria storia e presenza. “Eroi che rifiutarono l’indifferenza”, le parole pronunciate da Arbib durante una partecipata serata romana organizzata per rivolgere loro, a 55 anni da quei fatti, il suo commosso “grazie”.
Al centro le turbolente vicende delle ultime ore tripoline, dentro l’aeroporto, quando una folla inferocita attaccò lui e sua madre mettendone a rischio l’incolumità. Determinante si rivelò allora l’intervento del capo ufficio dell’Alitalia, Renato Tarantino, e dei suoi collaboratori nelle diverse funzioni assunte. “Senza di lui forse non sarei qui” ha detto Arbib, tornando con la mente a quei giorni “in cui, in pochi istanti, il mondo si capovolse”. Da allora gli ebrei libici si sono rifatti una vita in tanti Paesi e contesti. Ma, ha ribadito Arbib, “è importante non dimenticare quanto accaduto e soprattutto ringraziare coloro che ci hanno salvato”. Lo attestano anche i certificati consegnati ieri, personalmente a chi è ancora in vita, e ai familiari e discendenti di chi non è più tra noi. Partendo proprio da Tarantino. “L’uomo dai capelli brizzolati”, come da definizione della madre.
Numerose le testimonianze che si sono susseguite. Il giornalista Maurizio Molinari, in apertura di serata, ha evidenziato “la carrellata di episodi mozzafiato” che costellano lo scritto, facendo riferimento in particolare all’eroismo degli uomini e delle donne di Alitalia. “Nonostante tutti i cambiamenti, Walter è sempre stato capace di reinventarsi. Libia, Italia, Israele, Canada: nel suo cuore ci sono quattro continenti”, ha poi sottolineato Melman. Prezioso nel suo costante agire “il contributo offerto per rafforzare la posizione d’Israele nel mondo”, come ha riconosciuto l’ambasciatore israeliano Dror Eydar. Testimonianze di stima anche da altri tre diplomatici che hanno inviato un loro messaggio di augurio – Gilad Cohen, Naor Gilon e Haim Regev – oltre che dal presidente dell’Ordine del Leon d’Oro Sileno Candelaresi. A ricordare la fuga da Tripoli anche Victor Magiar, che era allora un bambino. Tra i tanti istanti indelebili il momento in cui i passeggeri del suo volo presero coscienza di essere entrati nello spazio aereo italiano: “Mai visto – ha commentato – tanti adulti piangere insieme nello stesso momento”. A concludere la serata un riconoscimento conferito ad Arbib dalla presidente UCEI Noemi Di Segni: un modo, da parte di tutto l’ebraismo italiano, per ringraziarlo per la sua azione umanitaria senza tregua.