Un pianista polacco a San Francisco
Nel 1932 il 22enne pianista ucraino Leonid Sagalov vinse il 4° Premio al Concorso pianistico internazionale Chopin di Varsavia, la vittoria al prestigioso concorso segnò l’inizio di una formidabile carriera; docente presso il Conservatorio di Kharkiv, nel 1940 Sagalov fu costretto a lasciare la città assediata dalla Wehrmacht e raggiunse Mosca, ivi morì per cause tuttora sconosciute.
Nel 1918 il medico e suonatore di bandura ucraino Mykhailo Pavlovych Teliha si trasferì dalla natia Akhtyrka Stanitsa (Kuban) a Kiev per fornire il proprio sostegno come chirurgo all’indipendenza dell’Ucraina; internato nel 1921 in un Campo polacco a Kalisz, alla fine dell’internamento si trasferì in Cecoslovacchia dove completò gli studi medici e conobbe Olena, poetessa e sua futura moglie.
Nel 1941, in piena occupazione tedesca dell’Ucraina, Teliha tornò con la moglie a Kiev ma il 9 febbraio 1942 furono entrambi arrestati dalla Gestapo; non risultando coinvolto in attività antitedesca – contrariamente a sua moglie, attivista del nazionalismo ucraino ostile al Reich – gli fu offerto il rilascio ma scelse di non abbandonare la moglie, furono entrambi fucilati il 21 febbraio a Babyn Yar.
Nel 1939 il compositore, pianista e direttore d’orchestra ceco Radim Drjsl usufruì di una borsa di studio per studiare in Francia ma a causa dello scoppio della guerra rimase a Praga; nel 1947 aderì al Partito Comunista e nel 1948 divenne membro del Sindacato compositori cechi.
Il 20 aprile 1953, due giorni dopo il suo ritorno da un viaggio di studio a Mosca e Leningrado organizzato dall’Unione dei compositori cecoslovacchi, Drejsl morì in circostanze sospette; secondo la versione della polizia si suicidò, secondo altre fonti perse la vita dopo una brutta caduta, secondo il regista Vojtěch Jasný si trattò di omicidio – mascherato da suicidio – da parte di agenti del KGB.
Tuttavia lo scrittore e poeta ceco Pavel Kohout affermò di credere proprio al suicidio del suo amico Drejsl; convintamente ed entusiasticamente comunista, Drejsl toccò con mano la ben diversa e socialmente arretrata realtà sociale sovietica, il trauma ideologico gli fu fatale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la famiglia del grande pianista ebreo polacco Arthur Rubinstein (foto) fu pressoché interamente sterminata nei Lager; poco prima dello scoppio della guerra Rubinstein, la moglie Aniela Młynarski e la figlia Eva raggiunsero gli Stati Uniti dove negli anni a seguire Rubinstein tenne concerti per i profughi polacchi e per quelli di altri Paesi occupati dal Reich.
È nota la scelta da parte di Rubinstein di non esibirsi in entrambe le due Germanie dopo la guerra; meno conosciuta è la sua reazione quando il 26 giugno 1945 a San Francisco, invitato a esibirsi durante la cerimonia della firma della Statuto dell’ONU, notò l’assenza della bandiera polacca tra quelle dei 51 Paesi membri (la Polonia firmò lo Statuto nell’ottobre del medesimo anno).
Prima che cominciasse il concerto, il pianista si rivolse al pubblico affermando legittimamente che in quella sala dove tanti Paesi si erano dati convegno per creare le premesse di un modo migliore dopo una guerra mondiale mancava proprio la bandiera di quel Paese la cui occupazione provocò lo scoppio di quella guerra; infine, si sedette al pianoforte ed eseguì con grande piglio pianistico Mazurek Dąbrowskiego, l’inno nazionale polacco.
La Storia degli uomini è fatta anche di simboli; quelli musicali sono materia creatrice di altri simboli.
Nel suo discorso di inaugurazione della mostra di Musica Degenerata (Entartete Musik, Düsseldorf 1938) Hans Severus Ziegler, sovrintendente del Teatro di Weimar, sottolineò che la mostra non intendeva “distruggere alcuna esistenza ma soltanto invitare alla riflessione”; i boicottaggi artistici e culturali sono devastanti e intrisi di cretinismo ma con un sacco di retorica.
Siamo alle porte di una viscerale rivoluzione del pensiero umano, i prossimi anni forniranno cifra e spessore di tale rivoluzione alla quale occorre prepararsi; questa volta, senza alcuna retorica.
I musicisti hanno un’arma in più: tramutano il passato in eterno come piombo in oro e sono dotati di capacità di visioni sorprendenti nella loro immensità geopolitica, generazionale, multidimensionale.
Sagalov fu inghiottito vivo dal complottismo poliziesco moscovita, Teliha non abbandonò sua moglie Olena e morì con lei a Babyn Yar, Drejsl si tolse la vita dopo aver scoverchiato il micidiale bluff storico del comunismo sovietico e Rubinstein improvvisò al pianoforte l’inno nazionale polacco dinanzi a una attonita platea dell’ONU a San Francisco.
Erano tutti musicisti, uomini saldamente piantati come alberi con le radici in aria e i rami nel suolo; per il bene del genere umano, il mondo della musica è e rimane capovolto.
Francesco Lotoro