Draghi e il tavolo per la pace
“Usa e Russia si parlino”

“È giunto il momento di chiedersi come costruire la pace. La guerra era Davide contro Golia, ora non c’è più Golia: la Russia non è invincibile”. A dirlo da Washington, il Presidente del Consiglio Mario Draghi, dopo aver incontrato il Presidente Usa Joe Biden. Dagli Stati Uniti Draghi ha lanciato appello: “Le parti siedano al tavolo. la Russia ma anche gli Usa. Washington deve sforzarsi di arrivare al tavolo”. Secondo il Premier italiano, “il primo punto è come costruire questo percorso negoziale,. Deve essere una pace che vuole l’Ucraina, non una pace imposta da altri né tantomeno dagli alleati. Kiev deve essere l’attore principale, altrimenti sarà un disastro”.
Al centro del vertice a Washington anche questioni economiche, riporta il Sole 24 Ore, tra cui la necessità di riaprire i “porti ucraini per l’export di grano ed evitare una crisi alimentare nei paesi poveri” e l’idea di mettere un tetto al prezzo del gas così come al costo del petrolio.
In Ucraina si continua a combattere e le trattative sembrano lontane. Il Messaggero riporta come a Sud “l’esercito di occupazione di Putin prosegue nell’opera di russificazione, tanto da preparare la procedura di annessione di Kherson, la diffusione del rublo e il rilascio di passaporti russi ai cittadini dell’area”. Mosca intanto ha usato toni minacciosi anche contro Finlandia e Svezia per aver siglato un patto militare con il Regno Unito. In queste ore la Finlandia ha fatto sapere di voler entrare nella Nato “senza ritardi”. Ad annunciarlo il presidente Sauli Niinisto e la premier Sanna Marin.

Cosa è accaduto a Jenin. La dinamica di come sia morta la giornalista Shireen Abu Akleh, uccisa da un colpo alla testa durante scontri a Jenin tra palestinesi e forze di sicurezza israeliane, non è ancora stata chiarita. Lo raccontano i diversi quotidiani oggi: Repubblica, ad esempio, sottolinea come “Immediatamente si è aperto lo scontro su chi abbia effettivamente sparato il colpo fatale”. Il quotidiano dà conto delle accuse della leadership palestinese e di Al Jazeera, emittente per cui lavorava dal 1997 Abu Akleh, che sostengono che ad uccidere la giornalista sia stato l’esercito israeliano. Dall’altra parte, riportano Repubblica così come il Corriere e Domani, il Premier Bennett ha invece dichiarato che “esiste una significativa possibilità che la giornalista sia stata colpita da armi da fuoco palestinesi”. Israele ha chiesto alle autorità palestinesi di condurre un’inchiesta congiunta. Richiesta che però è stata respinta. Intanto il direttore dell’Istituto di medicina legale palestinese Rayyan Al-Ali ha dichiarato ieri che è ancora troppo presto per determinare le responsabilità dietro la morte di Abu Akleh. “La giornalista tranquilla simbolo del popolo palestinese”, la descrizione di La Stampa della reporter, con passaporto giordano e americano.
Il Giornale ricorda come dall’area di Jenin siano arrivati diversi dei terroristi responsabili dell’ultima ondata di violenza in Israele. Per la Stampa la vicenda rappresenta “il ritorno di un conflitto mai spento”. Il Foglio sottolinea invece le difficoltà del Premier Bennett in questa fase, con il suo governo privato della maggioranza, ma che ieri ha scongiurato la crisi con la decisione del partito islamico Raam di rimanere nella coalizione.

Contro la propaganda russa. Su Repubblica Bernard-Henri Lévy scrive che l’opinione pubblica non deve cadere “nel tranello di Putin” rispetto alla retorica – andata in scena il 9 maggio – della Russia unica a combattere e sconfiggere i nazisti. E del tentativo di presentare oggi Mosca come vittima dell’Occidente. Il filosofo definisce il leader del Cremlino un “tiranno” che “vuole continuare la ‘denazificazione’ dell’Ucraina di Zelensky fino alle latrine di Mariupol. Attualmente, è il suo ministro, non quello di Zelensky, che dice che Hitler aveva sangue ebreo. È il suo esercito, non quello di Zelensky, che sta bombardando il sito di Babi Yar. E l’unica denazificazione di cui c’è urgente bisogno è quella di questa Russia, malata di se stessa, che ha dimenticato tutto, non ha imparato niente – e che oggi è la capitale del crimine in Europa”.

Aerei e antisemitismo. Un caso che ha creato sconcerto e preoccupazione quello con protagonisti la compagnia area Lufthansa e cento ebrei haredi. A questi ultimi, arrivati dagli Stati Uniti, è stato impedito di proseguire il loro viaggio da Francoforte all’Ungheria perché alcuni tra loro non avevano messo la mascherina nel primo volo partito da New York. E così, come racconta Libero, è stata inflitta una punizione collettiva e a tutto il gruppo è stato vietato di salire sul secondo volo. Una decisione motivata, riporta il quotidiano, nel seguente modo da una rappresentante di Lufthansa: “tutti gli ebrei imbarcati a New York devono pagare per chi ha sbagliato”. Il provvedimento ha generato subito la reazione di condanna della comunità ebraica e sono poi arrivate le scuse della compagnia aerea. Lufthansa si è “sinceramente scusata per aver impedito l’imbarco a tutto il gruppo anziché alle sole persone che non rispettavano le regole. Quello che è circolato non è compatibile con le nostre politiche o valori. Noi condanniamo l’antisemitismo e ogni forma di razzismo”.

Paul Ginsborg (1945-2022). Corriere e Repubblica ricordano Paul Ginsborg, lo storico inglese naturalizzato italiano, morto all’età 76 anni. Già professore all’Università di Cambridge, ha insegnato Storia dell’Europa contemporanea all’Università di Firenze, città dove viveva e dove ha ricoperto il suo ultimo incarico come docente universitario. Era diventato famoso in Italia anche per l’impegno civile e pubblico. “Uno storico militante”, lo definisce Repubblica. “Pur senza rivendicare blasoni e medaglie, Ginsborg è stato un innovatore. – spiega Repubblica – Prima della sua Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Società e politica 1943-1988, uscita da Einaudi sul finire degli anni Ottanta, nessuno studioso aveva raccontato il nostro paese oltre la dimensione politica e istituzionale, allungando la lente sul costume e sulla società, sui consumi degli italiani, sul loro rapporto con il cinema”.

Cdec e Memoriale della Shoah. A partire dal 15 giugno, il Memoriale della Shoah di Milano e il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea “inaugurano nuovi spazi che rafforzano il legame con la cittadinanza diversificando l’offerta di servizi”. A comunicarlo, le due Fondazioni, annunciando la nuova sinergia tra le due realtà (Avvenire Milano).

Tutti e otto i Consiglieri di Milano Ebraica, lista di opposizione del Consiglio della Comunità ebraica di Milano, hanno rassegnato le dimissioni nelle giornata di ieri. “Impossibile portare avanti un dialogo – scrive Milano Ebraica in una nota diffusa dal sito della Comunità Mosaico -con una controparte che si contraddistingue” “da un atteggiamento arrogante, dispotico e anti-democratico”. La decisione, aggiungono, è stata presa “con grande amarezza” dopo “mesi difficili” e dopo l’ultima tesa riunione del Consiglio, tenutasi in parte a porte chiuse e in cui si è discusso del messaggio inviato dal presidente della Comunità Walker Meghnagi a Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, che quest’ultimo ha letto pubblicamente durante la convention di Fratelli d’Italia a Milano.

Daniel Reichel