La Finlandia e l’ingresso nella Nato

Uno degli effetti più dirompenti del cambiamento degli equilibri mondiali dovuta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è l’annuncio della Finlandia di voler entrare nella Nato. Dopo 70 anni di “neutralità strategica”, il feroce attacco russo ha spinto Helsinki a chiedere l’adesione immediata all’alleanza atlantica. “L’invasione russa dell’Ucraina e i timori per la sicurezza nazionale innescano dunque, in tempi rapidissimi, dinamiche esattamente contrarie agli auspici del presidente russo Vladimir Putin. – spiega il Sole 24 Ore – dinamiche che sembravano impensabili, ma ormai quasi inevitabili alla luce della svolta anche a livello di opinione pubblica: in Finlandia il sostegno all’ingresso nell’Alleanza è salito al 76% contro il 25% medio che si registrava negli anni precedenti; e anche in Svezia oltre il 60% della popolazione è ormai a favore”.
La replica russa è stata affidata al portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha dichiarato che l’ingresso della Finlandia nella Nato rappresenterebbe “certamente” una minaccia, a cui Mosca è pronta a fornire una “risposta decisa”, la cui entità dipenderà da “quanto l’infrastruttura militare dell’Alleanza si avvicinerà ai nostri confini”.

Richieste ucraine. “Sono pronto a parlare con Putin senza mediatori, ma non devono esserci ultimatum. I russi se ne vadano, devono uscire dal nostro territorio: è questo il primo passo per parlare. Noi non possiamo accettare compromessi per la nostra indipendenza”, ha dichiarato il presidente Zelensky nelle scorse ore in merito a un’apertura di un tavolo di trattative con l’invasore russo. Al Corriere Iryna Vereshchuk, vicepremier ucraina e fedelissima di Zelensky, parla della situazione dell’Azovstal: “per evacuare l’acciaieria pretendiamo un accordo con mediatori, come la Turchia”. Rivolgendosi poi all’Italia, afferma: “ci aspettiamo sostegno per l’adesione all’Unione europea”. Sul Foglio invece appare la traduzione di un intervento del sociologo americano Michael Walzer, che ricorda come “l’invasione russa ha costretto persone pacifiche, gente comune, a rischiare la propria vita. In tanti stanno combattendo perché credono in un’Ucraina che sappia accogliere tutti i suoi cittadini e riconoscere i loro diritti”. Da Kharkiv il Corriere racconta di una “città sconvolta dai danni e dal tributo di vite che ha dovuto pagare”, ma che è riuscita a respingere i russi. “Kharkiv guiderà la rinascita”, titola il quotidiano.

Un giornale irriconoscibile. “All’improvviso mi sono trovato a scrivere su questo giornale – che avevo contribuito a far nascere, con Padellaro e Travaglio – accanto a un collega che non conoscevo e che non vorrei conoscere, caro a tutti coloro che pensano che l’America sia il vero pericolo dei popoli e delle democrazie, e che l’invio di armi ai resistenti invasi e assediati dal rischio imminente di distruzione totale sia un sacrilegio. E mi sono trovato a dover leggere il testo di un altro collega che mi racconta, al rovescio, la terrificante Guerra mondiale che ho vissuto e che conosco e ricordo da bambino in fuga, in una versione in cui Hitler era di origine ebraica e non aveva alcuna intenzione di fare la guerra che distruggerà l’Europa. Aggiungendo una affermazione che nega la Storia ed è inaccettabile anche come post verità in quella frase ‘i tedeschi (i tedeschi delle Fosse Ardeatine e di via Tasso) proteggevano gli italiani mentre gli americani invadevano il Paese, abbandonato a stupri e violenze in libertà’. È inevitabile respingere visioni che portano disorientamento e informazioni inesistenti o distorte, se compaiono accanto al tuo lavoro nel giornale per cui scrivi, fiducioso, da molti anni”. Lo scrive sul Fatto Quotidiano Furio Colombo spiegando di non ritrovarsi più nelle scelte editoriali del giornale, che dà voce a personaggi come Alessandro Orsini o Massimo Fini. A rispondere a Colombo sono sia Travaglio che Padellaro che sostanzialmente affermano di voler lasciare “le porte aperte a chi viene censurato per le idee”. Colombo però nel suo editoriale non contesta le idee, ma le falsità.

L’indagine su Shireen Abu Akleh. Il Primo ministro israeliano Naftali Bennett ha ribadito la richiesta di piena cooperazione palestinese per accertare le circostanze in cui a Jenin è stata colpita a morte la reporter palestinese di al-Jazeera, Shireen Abu Akleh. Il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, ha però rifiutato, accusando le forze israeliane di aver sparato contro la giornalista. Abbas ha inoltre detto che chiederà un’indagine da parte della Corte penale internazionale. La scrittrice palestinese Suad Amiry, intervistata da La Stampa, sostiene che “i nostri giovani sono frustrati, un momento di forte emozione come la morte di Shireen potrebbe accendere la miccia. E gli israeliani non capiscono, non ci danno tregua, non ascoltano neppure gli americani”. In questo quadro di tensione, le dinamiche di quanto accaduto a Jenin, come testimoniano anche le parole di medici legali palestinesi (“non è al momento possibile” stabilire chi ha sparato), non sono ancora state chiarite. Sul Fatto Quotidiano però Daniele Luttazzi, in un intervento velenoso, riporta solamente le accuse contro Israele e associa la giornalista Abu Akleh a quanto accaduto a Vittorio Arrigoni. Luttazzi dimentica però che Arrigoni, come è noto, fu rapito e ucciso a Gaza da un gruppo salafita palestinese.

Complottismi al Senato. I membri della commissione Affari esteri del Senato si sono dimessi di recente in massa per far decadere il proprio presidente, il “grillino filoputiniano Vito Petrocelli”, come lo descrive il Foglio. I Cinque Stelle – con Conte che aveva annunciato l’espulsione di Petrocelli – inizialmente avevano indicato il vicepresidente del gruppo al Senato, Gianluca Ferrara, come sostituto. Poi però è emerso che Ferrara ha posizioni simili al collega filorusso e così la sua candidatura è stata bloccata. Il senatore in questi anni, come racconta Luciano Capone sul Foglio, ha sposato e rilanciato le tesi complottiste più disparate. Sul blog del Fatto Quotidiano, ad esempio, Ferrara scriveva: “Israele è tra le cause principali della destabilizzazione del Medio Oriente. Si pensi al fatto che sono in molti a pensare che appoggi l’Isis per abbattere Bashar al Assad”.

Germania e Francia e il veleno antisemita. “L’Europa dunque è dentro a una morsa antiebraica perfetta: l’atavica xenofobia uterina, la crescita dell’islamismo e il ricorso a vecchi e nuovi capri espiatori che riaffiorano durante le crisi geopolitiche”. Lo scrive il Foglio commentando i risultati dell’indagine “Antisemitismo nell’opinione pubblica francese e tedesca”, condotto dall’American Jewish Committee e dall’istituto francese Ifop. In riferimento alle risposte dei residenti di fede musulmana nei due paesi, emerge un dato preoccupante: in Germania quasi un quarto “ammette di provare antipatia per gli ebrei, in Francia il 15 per cento”. Secondo lo studio, l’adesione al pregiudizio aumenta con la frequenza alla moschea, con livelli record tra i musulmani più osservanti. A questo quadro si aggiunge l’antisemitismo di destra e la propaganda di chi come Lavrov diffonde falsità sul mondo ebraico.

Sud e mondo ebraico. Il Giro d’Italia passerà anche per Calabria e Basilicata. Un’occasione per le due regioni di mostrare le proprie bellezze, racconta il Corriere della Sera, richiamando diverse tradizioni locali. Tra queste, la raccolta dei cedri in Calabria per Sukkot, la festa delle capanne, una tradizione antica che coinvolge il mondo ebraico internazionale. Sul Venerdì invece si racconta la storia di San Nicandro, nel foggiano, dove Donato Manduzio e altre duecento persone si convertirono all’ebraismo proprio negli anni delle leggi razziste e della persecuzione.

Daniel Reichel