Usa, la strage del suprematista

Il diciottenne Payton Gendron, radicalizzatosi sui siti del suprematismo bianco, poteva essere fermato. È il commento condiviso nelle diverse analisi che compaiono sui quotidiani di oggi in merito alla strage di Buffalo, dove dieci persone sono state uccise. Il Corriere della Sera lo scrive sin dall’incipit: “La strage di Buffalo poteva essere evitata. Come poteva essere evitata quella compiuta da Adam Lanza nella scuola di Newton e altre ancora nella catena di morte che ha insanguinato l’America da decenni. C’erano segnali evidenti, la polizia conosceva Payton Gendron, ma non si è andati oltre blandi controlli”. Il giovane era stato segnalato dai suoi compagni di scuola per le sue idee estremiste e aveva preannunciato di voler colpire. E alla fine lo ha fatto, scegliendo appositamente un’area ad alta concentrazione di afro-americani. “Dobbiamo lavorare insieme per affrontare l’odio che resta una macchia sull’anima dell’America”, ha detto ieri il presidente Joe Biden.
Online il giovane aveva pubblicato un manifesto suprematista bianco, con riferimenti alle più diffuse teorie complottiste, antisemite e razziste dell’estrema destra. Aveva detto di ispirarsi a Brenton Tannant, il responsabile della strage nella moschea in Nuova Zelanda. Ma tra i suoi deliri c’erano anche richiami all’italiano Luca Traini. “Si proclamava fascista ed era terrorizzato dal rovesciamento degli equilibri demografici nella società americana”, racconta La Stampa.

La grande sostituzione. Tra le teorie riprese dal responsabile della strage di Buffalo, anche quella del “Great Replacement”: “l’interpretazione – spiega sul Corriere Massimo Gaggi – della crescita delle minoranze e dei fenomeni migratori come frutto di una congiura degli stessi governi occidentali per spazzare via la cultura e l’egemonia politica dei bianchi”. Queste teorie, evidenzia Gaggi, “un tempo sostenute da piccole sette, sono divenute fenomeni di massa con la nascita di movimenti come Qanon”. Fenomeni che attecchiscono anche in Italia, come evidenza Repubblica, richiamando l’allarme rilanciato dall’antiterrorismo del nostro paese. “Negli ultimi 12 mesi, – scrive il quotidiano – la Polizia ha compiuto sette arresti e 221 denunce per estremismo di destra legate a movimenti di destra a matrice suprematista”.

Stallo ucraino. “La guerra non va come avevano pianificato a Mosca e può essere vinta dall’Ucraina”. A dirlo, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Parole che vengono riprese dai quotidiani, che rispetto al conflitto in Ucraina evidenziano le intenzioni di Kiev di “riprendersi il Donbass” (l’apertura di Repubblica) e l’effetto su Finlandia e Svezia dell’aggressione russa: la decisione di aderire alla Nato. La Turchia si è messa di traverso, ma, spiega La Stampa, ci sono spazi di manovra perché anche Ankara accetti Helsinki e Stoccolma.

Dentro Azovstal. Sul terreno, l’intelligence britannica parla di stallo, mentre la situazione dei combattenti ucraini ancora all’interno della Azovstal è sempre più disperata. Lo racconta a Bernard-Henri Lévy, Ilya Samoilenko, comandante in seconda dell’ultimo reparto del battaglione Azov, che ancora resiste nel complesso siderurgico di Mariupol. Su Repubblica il dialogo tra i due, in cui Samoilenko afferma che all’interno della Azovstal non ci sono più civili. E che chi combatte non si arrenderà. “Ci sono ebrei tra i vostri morti?”, chiede a un certo punto Lévy, che non cita mai esplicitamente il battaglione Azov e descrive con grande trasporto il dialogo con il combattente ucraino. “Certo. – la replica – Ci sono persone di tante religioni, quindi anche ebrei. Uomini duri, e bravi combattenti”. “Non creda alla propaganda russa. – aggiunge Samoilenko – Il battaglione è cambiato, ha purgato i propri ranghi dal passato oscuro. Il nostro unico radicalismo, oggi, è la volontà di difendere in modo radicale l’Ucraina”. Levy chiede se può portare questo messaggio in Israele. “Naturalmente. Sono nostri fratelli. – la risposta – In Israele sanno combattere e sanno morire”. Poi il filosofo francese afferma che la Comunità internazionale può tirarli fuori dalla Azovstal, facendo loro mantenere le armi. E cita quanto accaduto ai palestinesi a Beirut: “la storia di Yasser Arafat che s’imbarcò su una nave protetto da 2.500 soldati francesi, americani e italiani. Mi autorizza a suggerire, a chi vorrà ascoltarla, l’idea di una nave per Mariupol, scortata da una forza nazionale o internazionale. Ciò che è stato fatto per i palestinesi perché non dovremmo farlo per questi uomini schiettamente audaci, che stanno morendo per l’Europa nei sotterranei dell’Azovstal”, sostiene Levy.

Appello per Ahmadreza. Da sei anni Ahmadreza Djalali, 50 anni, è in carcere a Teheran con l’accusa di spionaggio a favore del Mossad. Nei giorni scorsi la Procura della Repubblica islamica ha autorizzato l’ordine di esecuzione per impiccagione entro il 21 maggio per il ricercatore in Medicina dei disastri, collaboratore dell’Università del Piemonte Orientale di Novara, dove ha vissuto dal 2012 alla fine del 2015, prima di trasferirsi in Svezia. Con la moglie, Vida Mehrannia, parla la Stampa, rilanciando il suo appello affinché l’Italia e la comunità internazionale si mobiliti per salvare il marito. “Sta male, in carcere ha perso 25 chili, soffre di una forma di gastrite pre-cancro, anemia, calcoli alla cistifellea, disturbi della pelle, ha una lieve paralisi del piede e ha perso 7 denti. Ha grossi problemi psicologici soprattutto dopo la morte di mia suocera: è spirata la scorsa estate senza che lui potesse vederla o salutarla al funerale”, il drammatico racconto di Mehrannia. Le accuse contro di lui, aggiunge, sono senza basi. “Non c’è nessuna prova perché lui è innocente e il processo non ha dimostrato nulla. E uno scienziato, non una spia”.

Mottarone. “A una settimana dal primo anniversario della tragedia, le prime notizie che trapelano sui risultati degli esami fatti dai periti che stanno accertando le cause e i sospetti degli investigatori che indagano sul disastro puntano sempre di più sulla manutenzione che le Funivie del Mottarone avevano affidato con un contratto da 150 mila euro l’anno alla Leitner di Vipiteno, il gigante mondiale nel settore degli impianti a fune che è indagato nell’inchiesta per omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime colpose e rimozione di sistemi di sicurezza con le stesse Funivie e 12 persone fisiche”. Lo racconta il Corriere della Sera.

Segnalibro. Anatomia di Dio, saggio di Francesca Stavrakopoulou, edito da Bollati Boringhieri, propone di riscoprire un’immagine di Dio “i cui passi scuotevano la terra, la cui voce tuonava nei cieli, la cui bellezza e luminosità accecavano i devoti”. Lo scrive sul Corriere Paolo Mieli, con ampi riferimenti all’ebraismo.

Daniel Reichel