Colonne sonore
Oggi il mondo è un po’ più triste, e il cielo un po’ più buio. È arrivato il fatale annuncio: la Apple non produrrà più l’iPod.
Per innumerevoli anni ho potuto godere della sua ineffabile e irrinunciabile compagnia, ai mari e ai monti, in casa e per la strada, nel coricarmi e nell’alzarmi. 160 giga di gioia e piacere assoluti, dramma e serenità. Serenità, soprattutto, e distanza, distanza dai fastidi quotidiani. Emozioni a ogni passo, minuto dopo minuto. Un jukebox di cinquantamila brani di classica fra cui scegliere, duecentoquindici giorni filati di musica, selezionata brano per brano, esecuzione per esecuzione. Musica che è stata colonna sonora di una vita. E ora la Apple, senza il minimo imbarazzo, senza un pizzico di vergogna, mi dice che se, come già in passato, il mio iPod dovesse andare in tilt nessuno mi garantirà la successione, la sostituzione, la riparazione. La mia musica si fermerà all’improvviso e il compagno di una vita mi abbandonerà per sempre, condannandomi a un destino di inconsolabile silenzio. L’iPod è morto per sempre, un compagno incomparabile, con cui non ho mai litigato, mai una divergenza, mai una parola fuori posto, mai un tradimento. Un amico fedele fino alla morte. Non ne esisterà mai l’eguale.
Quale conforto al dramma, chi lenirà l’angoscia?
Avrà mai la Apple compassione di una vita musicale che si spegne così, senza possibilità di appello?
Non resterà che ricorrere al cellulare, e ascoltare frammenti di musica fra una telefonata e un messaggino, fra un’ansia e un avvio di angoscia.
E non sarà più vero che ‘La musica è il tempo in cui il dolore si acquieta… per un po’.’
Ho voluto riascoltare The Lark Ascending, di Ralph Vaughan Williams. Forse per l’ultima volta, e prima che sia troppo tardi. Al violino, per questa malinconicissima occasione, Hilary Hahn.
Ricorrerò al tribunale supremo della Apple. Senza la minima speranza di ascolto e di pietà.
Dario Calimani