Isacco Artom, statista da studiare  

“La scuola del silenzio. Nelle intenzioni di chi ha scritto questo libro, il titolo, che riprende una bella espressione di Isacco Artom, riassume uno stile di vita, un senso di riservatezza fattiva, di pudore nel mettere in pubblico i successi personali. Per me che scrivo queste righe di introduzione, il titolo andrebbe capovolto: è il silenzio su quella scuola che m’induce a riflettere. Perché così tanti anni sono stati necessari per avere un profilo esauriente di una figura così luminosa, che racchiude in se stessa un modo di essere cittadini, di pensare la politica, di ripensare all’identità dell’ebraismo nella società moderna?”. A firmare questo interrogativo, lo storico Alberto Cavaglion nella prefazione del volume di Liana Elda Funaro, La scuola del silenzio. Per un profilo di Isacco Artom (ed. Salomone Belforte). Un testo che, come hanno ricordato i relatori del recente incontro a cura dell’Archivio Ebraico Terracini, rappresenta un lavoro fondamentale per comprendere il segno lasciato da Artom (1829-1900), grande statista astigiano e segretario personale di Cavour, nella storia italiana. A presentare insieme all’autrice il volume all’Archivio di Stato di Torino, il presidente della Comunità ebraica della città Dario Disegni, gli studiosi del Risorgimento italiano Adriano Viarengo, Silvano Montaldo, Rosanna Roccia, assieme alla presidente dell’Archivio Ebraico Terracini, Bianca Gardella Tedeschi. A chiudere i lavori della tavola rotonda, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni.
“Il grande merito del volume di Funaro, promosso dall’Archivio Ebraico Terracini che lo ha inserito nella sua collana di Quaderni – ha sottolineato in apertura Dario Disegni – è di restituire in tutte le sue sfaccettature una personalità complessa attraverso un lavoro storiografico approfondito, svolto studiando le carte del Fondo Isacco Artom”. Un carteggio che fa scoprire il percorso intellettuale di un personaggio ancora troppo poco noto. “Incrociando le tessere del Fondo, ancora inesplorato, con altre documentazioni, Funaro ha definito la storia di Artom, suddividendola in quattro capitoli: uno sull’uomo politico, uno sulla sua religiosità, poi sulla sua vocazione di scrittore e poeta, e infine sulle sue relazioni familiari”, ha spiegato Rosanna Roccia, già direttore dell’Archivio Storico di Torino. Complimentandosi con Funaro per il suo lavoro, Roccia ha rilevato come quest’ultimo rappresenti un inizio e non una fine rispetto allo studio della figura di Artom. Quest’ultimo, come ha ricordato Viarengo, ebbe un ruolo importante nell’affermazione dei diritti risorgimentali, nell’incidere in un periodo di grandi rivoluzioni e in cui gli ebrei otterranno l’Emancipazione. Lo statista astigiano avrà poi un ruolo, evidenziato da Montaldo, anche sul “piano della nascente scienza politica”. Artom presterà la sua voce per aprire a una riflessione “sulla condizione dell’italiano che si lascia alle spalle un vecchio mondo crollato e ha davanti un nuovo mondo che sta faticosamente nascendo”.
A raccontare poi il percorso che l’ha portata a costruire il volume è stata l’autrice, Liana Elda Funaro. “Proprio con la pubblicazione sono comparsi nuovi documenti interessanti su Artom, che avrebbero figurato bene all’interno del libro. Sono comparsi sia sul versante della sua analisi politica, sia sul versante del suo considerare in modo diverso il patrimonio culturale della tradizione ebraica”, ha spiegato Funaro. Capitoli che rimangono così aperti per ulteriori studi e riflessioni. Sulla sua identità ebraica, in parte silente, si è soffermato il vicepresidente dell’UCEI Giulio Disegni in chiusura. “Veniva dal ghetto di Asti, figlio di Raffaele Artom e Benedetta Segre. Nacque proprio davanti alla sinagoga della città, quindi nel profondo del microcosmo ebraico”. Disegni ha tracciato poi alcuni legami di Artom, da quelli con Cavour – “insieme hanno messo a frutto risultati straordinari” – quello con un altro grande ebreo piemontese, “Giacomo Dina, grande giornalista”. Riguardo agli scambi tra Dina e Artom, Disegni ha poi richiamato un carteggio tra i due in cui, mentre la capitale si sta spostando a Firenze, lo statista astigiano scrive: “Per le questioni religiose come per le politiche non abbiamo altra soluzione che la libertà. È sommamente da deplorarsi poi che da noi non v’abbia alcuna persona specialm[ente] autorevole per siffatte questioni”. “La modernità di pensiero di Artom è evidente – la riflessione di Disegni – Soprattutto se si pensa come ancora oggi si discute della mancanza di una legge sulla libertà religiosa”.