Patrimonio culturale ebraico,
un laboratorio di idee e stimoli

Molte idee e proposte hanno caratterizzato Yom Iyun, la mattinata di approfondimento dedicata alla trasmissione del patrimonio culturale ebraico che si è svolta a Roma nel segno del progetto MiDorLeDor nato dalla collaborazione tra Taube Center for Jewish Life and Learning, AEPJ e UCEI. L’evento romano, tenutosi nella sede del Centro Bibliografico UCEI, ha rappresentato un’occasione per fare il punto su un percorso in molte tappe, scandito in particolare dall’organizzazione di numerosi seminari (sia online che in presenza) che hanno visto al centro temi come “Comunicare il patrimonio nel crocevia delle culture”, “La musica come specchio del patrimonio ebraico e dei suoi minhagim”, “Identità ebraiche. Le comunità dall’emancipazione ad oggi”, “Creare contenuti culturali”.
Grande la soddisfazione espressa dagli organizzatori in questo momento di raccolta e primi bilanci sui traguardi raggiunti nell’anno di lavoro alle spalle. A portare il saluto dell’Unione il rav Roberto Della Rocca direttore dell’area Educazione e Cultura UCEI, la referente del progetto Sira Fatucci, il segretario generale Uriel Perugia, mentre a rappresentare AEPJ c’era il suo direttore Victor Sorenssen e per il Taube Center sono intervenute la sua direttrice Helise Lieberman e Marta Jankowska.
Ad avviare questo cantiere di idee un’iniziativa del Taube Center. “Che cosa è il patrimonio ebraico? In cosa consiste secondo voi?” le domande poste a bruciapelo nel corso di una telefonata, raccontano le coordinatrici Michelle Nahum Sembira e Valeria Milano. Tradizione e musica, cucina e storia, patrimonio tangibile e intangibile, alcune delle risposte portate all’attenzione. Da qui lo spunto a porsi un’altra domanda: in cosa, cioè, il patrimonio ebraico italiano sia “unico e globale” allo stesso tempo.
Il programma di incontri allestito nel quadro di questa collaborazione ha visto il coinvolgimento di prestigiose realtà internazionali (tra cui la Biblioteca Nazionale d’Israele) e di esperti sia italiani che stranieri. Prezioso infine l’apporto dei singoli partecipanti. Arrivati in molti casi “con una grande esperienza e conoscenza della realtà locale”, ma con alcune lacune nella visione d’insieme del contesto nazionale. Per questo, sottolineano le coordinatrici, “abbiamo voluto creare un gruppo che includesse partecipanti da diverse comunità o località ebraiche italiane e abbiamo deciso di organizzare i tre seminari in presenza (Roma; Ferrara e Venezia; Palermo) in città geograficamente e numericamente diverse”.
Ad emergere la consapevolezza che uno dei tanti trait d’union del patrimonio ebraico è il fatto “che racconta, riflette e rispecchia i valori ebraici”. Un patrimonio che, anche nella sua parte tangibile, appare pertanto “molto più dinamico di quanto venga pensato”. E quindi, potenzialmente, anche un significativo “mezzo nel rafforzamento dell’identità ebraica”.
Come trasmetterlo, quindi? Diverse le metodologie prese in esame nel corso degli appuntamenti di MiDorLeDor. Come lo studio dei testi in chevruta, ad esempio; ma anche lo sviluppo di narrative building e la sfida di costruire una propria storia “in base alla definizione degli obiettivi”; e ancora object base learning ed educational design.
Un patrimonio composto da molti tasselli e che rispecchiano il complesso prisma culturale dell’Italia ebraica. Lo attestato anche i progetti elaborati e proposti dai partecipanti. Ieri ne sono stati presentati quattro: un podcast sui luoghi della Milano ebraica tra anni Trenta e Quaranta del secolo scorso; un altro relativo allo svelamento del patrimonio ebraico attraverso i libri; un altro ancora incentrato sul cimitero ebraico di Bologna; uno infine dedicato al vino nell’ebraismo fra “storia, cultura e condivisione”.