La forza delle democrazie

L’inattesa resistenza ucraina ha messo in evidenza che il conflitto non ha soltanto un carattere militare ma ha anche un significato etico e politico. Era stato lo stesso Putin a sostenere e addirittura a teorizzare in più occasioni (v. “Limes”, aprile 2022, “Il caso Putin”) la debolezza dei sistemi politici basati sulla democrazia, evidenziando la superiorità delle autocrazie.
Evidentemente il curriculum formativo di Putin, svoltosi in età brezneviana, non gli ha permesso di apprendere che questo dibattito (sulla superiorità dei sistemi autoritari su quelli democratici) si era già svolto nel ventennio tra le due guerre mondiali e in particolare negli anni ’30 del ‘900, dove sistemi autoritari si erano affermati non solo in Italia e in Germania ma in buona parte degli Stati dell’Europa meridionale e orientale. L’esito della II guerra mondiale avrebbe smentito tali teorie, o meglio le avrebbe smentite nel pensiero politico occidentale, perché, se di nuovo guardiamo alla Russia, Putin ha ripreso non solo la definizione staliniana di “Grande Guerra Patriottica” (che comunque era stata mantenuta anche nell’era poststaliniana) ma l’ha interpretata nel senso che il merito esclusivo o per lo meno determinante della vittoria della coalizione antinazista sia da attribuire all’URSS, quando invece sappiamo che la realtà è stata molto più complessa. Non si può dimenticare l’eroica resistenza britannica “nell’ora più buia”, quando si trovò da sola a combattere contro la forza tedesca che sembrava inarrestabile dopo il crollo della Francia e mentre l’URSS era alleata della Germania in conseguenza del patto Ribbentrop-Molotov. Successivamente un contributo determinante alla lotta contro il nazismo fu dato dagli Stati Uniti, che, tra l’altro, sostennero l’URSS nel suo sforzo bellico con notevoli aiuti militari.
Senza togliere niente del contributo sovietico alla vittoria antinazista e dando il dovuto omaggio ai suoi milioni di morti, la vulgata staliniano-putiniana che vuole l’URSS come fondamentale vincitrice della II guerra mondiale è, come minimo, ingenerosa non solo verso Stati Uniti e Gran Bretagna ma anche verso i numerosi movimenti di Resistenza che, dalla Francia alla Jugoslavia senza dimenticare l’Italia, dettero un rilevante contributo alla lotta contro il nazifascismo.
Ma oggi il problema si pone in termini ben diversi. L’accusa di nazismo rivolta contro la classe dirigente ucraina non solo è priva di contenuto e di senso, ma evidenzia un singolare rovesciamento, più o meno consapevole, della realtà. È il regime putiniano che ha ripreso i motivi fondamentali delle accuse degli anni ’30 sulla debolezza delle democrazie. Al di là della miseria dei talk shaw e del falso conformismo dei bastian contrari, che altro non è che una particolare forma di conformismo, il dato fondamentale della politica putiniana è il recepimento dell’idea della debolezza dell’Occidente, dei suoi valori, dei valori della democrazia.
Ma è stata proprio la guerra scatenata da Putin che si è incaricata di smentire e anzi di rovesciare queste tesi: alla prova dei fatti non solo l’Ucraina, nonostante l’evidente disparità di mezzi rispetto alla Russia, ha dimostrato una forza non solo militare ma anche morale inattesa; ma anche le democrazie occidentali non si sono piegate di fronte alle minacce putiniane ma anzi hanno dimostrato anch’esse una capacità militare e morale di cui non molti le credevano capaci. Al contrario è stata la Russia che ha messo in evidenza il permanere di sacche di inefficienza, oltre che di violenza e di crudeltà. C’è da augurarsi che le ancora numerose autocrazie di cui è pieno il mondo facciano tesoro di questa lezione e riflettano bene prima di scatenare nuove aggressioni.

Valentino Baldacci