Politica, tra Platone e Aristotele

Parlare di politica e pensare di politica, quando di politica nel senso autentico e alto del termine se ne fa davvero molto poca lasciando invece il posto alla macchinazione per tornaconto personale o di gruppo, è oggi occasione rara, da non perdere. Eccomi dunque, giovedì 19 maggio, al Salone Internazionale del Libro di Torino, dove due grandi pensatori dei nostri giorni quali Massimo Cacciari e Luciano Canfora intervengono per presentare la monumentale traduzione degli scritti politici di Aristotele pubblicata dall’editore Rubbettino (Aristotele, Scritti politici. Costituzioni, Costituzione degli Ateniesi, Politica, Economia, Lettera ad Alessandro sul Regno, Frammenti dei dialoghi politici, a cura di Federico Leonardi, €. 48). Innegabilmente, è la quotidiana degenerazione della discussione, della costruzione, della vita politica pubblica, che dovrebbero essere tese alla felicità dei cittadini, a spingerci a cercare il dibattito teorico come fonte di acqua pura a cui abbeverarsi. Innegabilmente, è l’atto di violenza selvaggia in corso da mesi in Ucraina contro ogni tentativo di mediazione diplomatica a riempirci la testa e il cuore di domande senza risposta e a spronarci sulla via del “politico” come orizzonte di una possibile convivenza.
È possibile costruire una forma stabile o almeno passabilmente duratura di organzzazione sociale e politica, prevenendo le tensioni e le contese distruttive? Chi è il politico, e cosa può fare per creare condizioni di concordia? Cosa hanno da dirci in proposito i due padri fondatori della prospettiva filosofica? In particolare, quali risposte propone Aristotele di fronte al modello perfetto ma irreale del suo maestro Platone? Cosa ci suggeriscono i filosofi successivi?
Federico Leonardi, curatore di questa importante edizione aristotelica, introducendo l’incontro ricorda come in ogni comunità si sia sempre creato uno scontro fra classi entrambi essenziali al sistema: democratici ed oligarchici per dirla col linguaggio degli antichi, cioè il numero e i mezzi. Quattro sono per Aristotele gli elementi (“le virtù”) necessari per tenere insieme i due settori evitando lo scontro: l’esistenza di una classe media, una costituzione “mista” capace di favorire gli interessi di entrambi, un sistema di leggi efficace, una figura di governante capace di un’azione politica (anche la guerra) volta a cambiare la situazione non per interesse personale o per creare un ordine peggiore, ma solo per un migliore funzionamento dello Stato. Questo ultimo decisivo indirizzo, per la verità, è una ricostruzione aristotelica che segue il suggerimento della discussa Lettera ad Alessandro Magno, sulla cui autenticità molti dissentono.
Massimo Cacciari è molto netto in proposito. Platone vede la politica come epistéme, come scienza dello Stato perfetto, che secondo la sua visione è effettivamente realizzabile: il suo modello politico non conosce dunque crisi o contraddizioni; è la filosofia come razionalità ideale eretta a struttura politica (cioè a organizzazione della pòlis, della città). Aristotele lo contraddice: per lui la politica non è scienza, bensì téchne, capacità e realizzazione pratica; è l’attività del politico come ricerca, trasformazione, adattamento. Per sua natura dunque, e per la natura degli uomini che la costruiscono, l’organizzazione politica muta, degenera; non può esistere nei fatti una situazione ideale e dunque perenne, che vive solo nelle nostre aspirazioni a una perfezione. Rispetto alla inevitabile crisi dei sistemi politici, peraltro, non è possibile un rimedio stabile: il ciclo aristocrazia-oligarchia-democrazia/demagogia è inevitabilmente portato a ripetersi, con il non indifferente particolare che anche la democrazia è una forma di aristocrazia perché concede il potere agli àristoi, a quelli che considera i migliori. Le analitiche e realistiche considerazioni aristoteliche contribuiscono a spiegare, al di là delle profonde differenze tra i sistemi politico-sociali dell’antichità e quelli del mondo contemporaneo, anche l’instabilità delle nostre democrazie, la variabilità dei loro equilibri, la perdita di alcuni loro caratteri essenziali, la degenerazione da democrazia a demagogia alias populismo. Allora come oggi il processo politico si risolve, per la risoluzione dei problemi e le scelte decisive, nella delega del potere a un capo dotato di carisma. Così però, attribuendo al vertice l’incarico di sciogliere/tagliare il nodo gordiano degli ostacoli, il “ciclo continuo” del potere che attraverso vari passaggi porta alla democrazia si azzera, o si attenua fortemente, risolvendosi talvolta nel suo contrario. E’ un percorso che Cacciari individua in tutti i pensatori politici classici dell’età moderna: da Machiavelli a Hobbes, dal “liberale” Locke al prerivoluzionario Rousseau. Solo Spinoza tiene il suo Stato saldamente ancorato alla libertà individuale e collettiva, al riparo da tentazioni individualistiche e autoritarie. Come non legare questo suo orientamento garantista all’universalismo ebraico della sua formazione?
Completamente diverso, meno filosofico e più filologico, l’approccio di Luciano Canfora. Si chiede chi era Aristotele, e si risponde che era un professore macedone figlio del medico del re Filippo (un metèco dunque, non un ateniese, per qualcuno addirittura una spia). Un intellettuale che guarda con un certo distacco la realtà politica ateniese, proponendo una soluzione poco realistica, dato che la ricerca di equilibrio che suggerisce come modello politico appare difficilmente proponibile. Un grande insegnante, forse anche frustrato, dopo la morte di Platone, per la mancata nomina al vertice dell’Accademia nonostante venti anni trascorsi ad Atene come principale allievo del maestro. Un ammiratore di Tucidide che ha studiato l’VIII Libro della “Guerra del Peloponneso”, centrato sulla presa del potere di un gruppo oligarchico elogiato dallo storico. Con Tucidide, anche Aristotele auspica un sistema basato sulla mescolanza tra pochi e molti (una via di mezzo tra oligarchia e democrazia, insomma); uno schema politico che si è rivelato allora e in seguito scarsamente realizzabile. Insomma, attraverso la lettura di Canfora la figura di Aristotele appare poco in grado di fornire risposte adeguate alla situazione reale; e anzi si illumina di bagliori sinistri, quando il grande filologo ricorda l’articolo del politologo ebreo tedesco Rosenberg (scampato al nazismo con la fuga negli USA) “Dittatura e democrazia in Aristotele”. Se Canfora ha un giudizio differente da quello di Cacciari intorno ad Aristotele, analoga appare la conclusione: l’esame aristotelico della politica ne sancisce l’inevitabile precarietà, la crisi naturale, la variabilità e la degenerazione continua.
Da analisi così circostanziate e approfondite si esce tuttavia perplessi riguardo al percoso storico da allora compiuto. E’ vero, la mutevolezza e la debolezza congenita della democrazia sono fatti naturali, fanno parte del suo essere aperta, partecipata, volontaria, disponibile a interssi diversi e anche contrapposti. Ma pur tenendo sempre presenti i due punti di riferimento classici e diversi tra loro (Platone e Aristotele), lascia sconcertati pensare che la dinamica politica sia ancora oggi, dopo quasi due millenni e mezzo, legata agli stessi passaggi e alla stessa instabilità. Eppure, è un fatto che quasi ciclicamente vengono percorsi e ripercorsi analoghi passaggi socio-politici dall’apparente equilibrio allo squilibrio, dall’ordine al disordine e viceversa. Di fatto, i corpi politici piccoli (cioè quelli che assicurano la partecipazione diffusa al sistema democratico auspicata fra gli altri da Hannah Arendt) sono assorbiti progressivamente da quelli medi e grandi, e così la condivisione politica viene gradualmente riassorbita e annullata. La questione è evidentemente metastorica, ha a che fare con alcuni elementi costanti del nostro essere e del nostro vivere in società.
Ma non si può fare a meno di credere, nonostante tutto, nella costruzione politica, e di tentare di riedificare volta per volta modelli di convivenza democratica in grado di fronteggiare i problemi del momento.
David Sorani

(24 maggio 2022)