La debolezza dell’Onu

Da parte sia dei politici che dei media italiani non è stato dato il necessario rilievo alla notizia del lancio di missili russi su Kiev durante la presenza nella capitale ucraina del segretario generale dell’Onu Antònio Guterres. Eppure si è trattato di un atto di deliberato disprezzo nei confronti della figura più rappresentativa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e la mancanza di una adeguata reazione da parte, in primo luogo, della stessa Onu e poi dei media la dice lunga sul basso livello nel quale è tenuta in considerazione oggi quella che dovrebbe essere la maggiore organizzazione internazionale a garanzia della sicurezza di tutti. D’altra parte non meraviglia troppo, anche se indigna, la sfrontatezza del gesto ordinato da Putin: l’ostilità, mista a disprezzo, verso le organizzazioni internazionali, è sempre stata una delle caratteristiche degli autocrati. Hitler decise il ritiro della Germania dalla Società delle Nazioni appena preso il potere nel 1933, mentre Mussolini prese la stessa decisione quattro anni più tardi, come risposta alle sanzioni decise dalla SdN in conseguenza dell’aggressione italiana all’Etiopia.
Da parte sua l’Onu è stata minata fin dalla sua nascita da una contraddizione che ne ha strutturalmente condizionato l’azione. Nata sull’onda dell’alleanza contro la Germania per rappresentare i Paesi in lotta contro quelli dell’Asse, conteneva anche un obiettivo universalistico, quello di accogliere col tempo tutti i Paesi del mondo che avessero adottato un ordinamento democratico. Questo obiettivo è stato pressoché raggiunto, sia pure al prezzo di lasciare da parte il requisito dell’ordinamento democratico e a quello di una sostanziale impossibilità di prendere decisioni sulle quali i cinque membri del Consiglio di Sicurezza, che detengono il vero potere dell’organizzazione, non siano tutti d’accordo. Il diritto di veto nelle mani delle cinque potenze (Stati Uniti, Urss poi Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) ha ridotto a poca cosa il potere del Segretario generale e più in generale quello dei vari organi dell’Onu.
Se si considera il Consiglio di Sicurezza, nel migliore dei casi esso è un luogo dove le cinque potenze – ma soprattutto Stati Uniti, Russia e Cina, possono confrontarsi pe cercare di raggiungere un accordo su questioni specifiche, anche se molto spesso trattative e accordi avvengono fuori di questo ambito istituzionale. Più spesso le decisioni più rilevanti riguardanti la pace e la guerra vengono prese al di fuori del Consiglio di Sicurezza.
Ancora più debole è il ruolo dell’Assemblea generale, che è diventata sì rappresentativa di quasi tutti i Paesi del mondo ma è priva di ogni sostanziale potere. Essa si è così trasformata nel tempo in uno strumento di propaganda dove, in occasione delle sessioni annuali, anche i Paesi più piccoli possono far sentire la loro voce senza tuttavia che ciò porti a decisioni vincolanti.
Se si guarda al contenuto delle Risoluzioni che l’Assemblea generale approva ogni anno salta subito all’occhio che una percentuale del tutto sproporzionata è riservata a mozioni di condanna dello Stato d’Israele, mentre Paesi ben noti per il loro scarso rispetto dei diritti umani e delle libertà dei cittadini non vengono sanzionati o lo sono in modo inadeguato. Questa è la conseguenza della natura stessa dell’Assemblea generale, dove il principio è che qualunque Paese, indipendentemente dalla sua grandezza e dalla sua popolazione, ha diritto a un voto. Ciò ha fatto sì che Paesi che contano appena qualche migliaio o addirittura qualche centinaio di abitanti abbiano un peso identico a quello di Paesi che contano milioni o centinaia di milioni di abitanti: con il progressivi raggiungimento dell’indipendenza da parte dei Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania si è determinata una situazione che ha visto in sede di Assemblea generale il formarsi di maggioranze amplissime costituite da Paesi il cui collante è formato da un persistente rancore nei confronti dei Paesi occidentali, considerati portatori dell’eredità coloniale. In particolare si è coagulato uno schieramento che vede negli Stati Uniti e in Israele i nemici permanenti contro i quali si vota in automatico. Questa situazione è frutto anche del comportamento dei Paesi dell’Unione Europea che la subiscono e che finiscono spesso per unire i loro voti a quelli di una maggioranza già consolidata.
La conseguenza di questa situazione è la progressiva perdita di credibilità e di potere dell’Onu che si è manifestato in occasione di conflitti nei quali la sua presenza sarebbe stata fondamentale. L’ultimo e più significativo caso è proprio la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina: non solo l’Onu appare incapace di affrontare il problema del ritorno alla pace ma il gesto tracotante di Putin che abbiamo ricordato all’inizio – il lancio di missili su Kiev durante la visita del Segretario generale – sembra voler ribadire questa incapacità.
Questa nota era stata scritta il 2 maggio, dopo che qualche giorno prima un missile russo aveva colpito Kiev durante la visita del segretario generale dell’Onu Guterres. Non la pubblicai subito perché altre riflessioni mi sembravano più urgenti. Lo faccio adesso sollecitato dalla veemente intervista di Francesca Albanese, funzionaria Onu per i diritti umani nei territori palestinesi che, tra l’altro, ha giustificato il terrorismo affermando che dopo 55 anni di occupazione israeliana, la violenza è inevitabile, condendo questa bella tesi con la consueta definizione di Israele come “Stato di apartheid”. La gentile funzionaria dimentica che in questi 55 anni (e anche prima) numerosi sono stati i tentativi di arrivare a un accordo, tutti falliti per il rifiuto dell’Olp. L’ultimo, e il più significativo, fu quello dell’estate 2000, quando il presidente americano Bill Clinton propose un piano di pace che prevedeva la nascita di uno Stato palestinese: Non solo la delegazione israeliana lo aveva accettato ma anche quella palestinese lo aveva fatto: fallì all’ultimo momento perché Arafat fece un’ulteriore richiesta, quella di consentire il ritorno in Israele non solo dei profughi delle guerre del1948 e del 1967 ma anche dei loro discendenti. Si trattava di 4 milioni e mezzo di persone che avrebbero completamente alterato lo status demografico e politico dello Stato ebraico.
Tale posizione unilaterale dell’Onu è ancora più evidente dopo che qualche giorno fa una commissione del Parlamento europeo – di solito non molto tenero con Israele – ha condannato l’Autorità Nazionale Palestinese per incitamento all’odio, in particolare per mezzo dei libri di testo scolastici, dove, tra l’altro, nelle cartine geografiche viene regolarmente cancellato lo Stato d’Israele.

Valentino Baldacci

(26 maggio 2022)