Klein, Pablito e i 40 anni
dal trionfo in Spagna

A chiudere le pagine del numero 132 di DafDaf l’elaborazione di una notizia che sicuramente ha fatto soffrire parecchi giovani lettori di DafDaf: “Il grande incubo si è materializzato: per la seconda volta consecutiva l’Italia non si è qualificata ai Mondiali di calcio”. Si aggiunge qualche riga più sotto che anche la passione degli israeliani per il calcio è notoria. “Abbiamo trovato qualcosa che unisce i nostri due Paesi anche in questo sport” ha provato a scherzare qualcuno da Gerusalemme, dove anche gli Italkim – gli italiani residenti in Israele, oltre 10mila – hanno vissuto l’avvenimento con sconcerto e delusione. Siamo così tornati sul ricordo di quando una squadra leggendaria, di cui facevano parte grandi atleti e grandi personalità anche fuori dal campo, che ha compiuto una delle più importanti imprese del calcio azzurro. Sono infatti passati quarant’anni dalla vittoria dei Mondiali di Spagna del 1982.
Per consolarci non resta che ripercorrerne la storia. Buona lettura!

a.t. social @ada3ves

Calcio, passione italiana
Il grande incubo si è materializzato: per la seconda volta consecutiva l’Italia non si è qualificata ai Mondiali di calcio.
Chi lo avrebbe immaginato soltanto pochi mesi fa quando da Trieste a Palermo tutta una nazione è impazzita di gioia per il trionfo agli Europei.
“Abbiamo trovato qualcosa che unisce i nostri due Paesi anche in questo sport” ha provato a scherzare qualcuno da Gerusalemme, dove anche gli Italkim – gli italiani residenti in Israele, oltre 10mila – hanno vissuto l’avvenimento con sconcerto e delusione. Non è solo una battuta di spirito. La passione degli israeliani per il calcio è notoria e più di uno scrittore contemporaneo – Eshkol Nevo in primis, forse qualcuno di voi lo conoscerà – si è avventurato ad esplorarla in libri molto apprezzati anche all’estero.
Peccato davvero, a quarant’anni da una delle più importanti imprese del calcio azzurro: la vittoria dei Mondiali di Spagna del 1982 ottenuta grazie a una squadra leggendaria di cui facevano parte grandi atleti e grandi personalità anche fuori dal campo.
A partire da Paolo Rossi, per tutti “Pablito”, che con un suo goal avrebbe sbloccato la finale con la Germania Ovest vinta poi per 3 a 1.
C’è una partita però per cui lo si ricorda ancora di più ed è il precedente scontro-spareggio contro il Brasile. Nonostante i pronostici sfavorevoli grazie a tre reti messe a segno da un “Pablito” in forma smagliante alle semifinali sarebbero andati i “nostri” (3 a 2 il risultato finale).
A dirigere quella mitica partita sulla quale sono stati versati fiumi d’inchiostro un arbitro israeliano, Abraham Klein, che l’Italia avrebbe incontrato nuovamente in finale (anche se “solo” come guardalinee). Un arbitro esperto tra i più apprezzati della sua generazione. Quel giorno fece però un errore clamoroso, annullando un goal valido a Giancarlo Antognoni e tenendo così in sospeso il risultato fino all’ultimo istante.
Chissà che polemiche, nel dopo-gara, se il Brasile fosse riuscito a raggiungere in extremis il pareggio, qualificandosi a svantaggio proprio dell’Italia. All’epoca non c’era la VAR, la nuova tecnologia che permette di valutare in diretta la bontà o meno di una decisione arbitrale.
Ci sono voluti 40 anni per una sentenza, che è finalmente arrivata: quel goal, ha detto la FIFA, il massimo organismo mondiale, era da convalidare. Klein l’ha presa sportivamente. Di quel Mondiale infatti ha solo bei ricordi. In particolare di “Pablito” davanti alla cui maglia, in visita alcuni mesi fa al Museo del Calcio di Coverciano, si è pure commosso.

a.s.