Parole e pietre
Le parole sono pietre, diceva Carlo Levi. E tali rimangono, malgrado il nostro tempo, quello che stiamo vivendo, le abbia erose, rimodellate, soprattutto levigate al punto tale da renderle ininfluenti. Non per questo non offendono o non feriscono. Semmai, una volta lanciate, colpiscono senza produrre altro effetto che non sia una qualche lesione in chi ne è bersagliato. Non mutano nulla che non sia la condizione di chi le subisce, in una sorta di piccola (o grande) lapidazione. Viviamo un tempo di inflazione. Non solo quella economica, della quale ci accorgiamo un po’ tutti. È inflazione, infatti, il processo di perdita di valore di un bene, ossia il suo maggiore prezzo a parità di quantità. L’inflazione delle parole è un fenomeno a sé stante, dove ad andare perduta non è la quantità come tale ma, piuttosto, la qualità – quindi il significato – di espressioni di senso condiviso. Il fenomeno inflattivo, infatti, è sempre e comunque un decremento di valore in quanto tale. Più che mai, allora, ciò che manca non sono le parole medesime, semmai scientemente ripetute, troppo spesso, con colpevole e livoroso candore, ma la loro veracità, veridicità e, con esse, al medesimo tempo la cautela attraverso la quale dovrebbero venire pronunciate. Oggi molte parole e tante immagini girano vorticosamente, si consumano nel momento stesso in cui vengono pronunciate o messe in circolazione, si frantumano in mille pezzi. In buona sostanza, non comunicano nulla. Sono come dei gusci vuoti, degli involucri senza polpa. Anche per questo, allora, fanno ancor più male quando vengono gettate contro qualcuno, a mo’ di anatema. Offendono non perché dicano qualcosa di significativo ma proprio per la loro feroce irrilevanza: è come se dichiarassero, in ragione della loro stessa inconsistenza, che chi ne viene bersagliato è egli medesimo una sorta di nullità, intercambiabile al pari delle parole pronunciate e dei loro mutevoli, incostanti e insinceri attributi di senso. La vera lesione non è mai generata dalla durezza di una pietra ma dal fatto che essa ferisca senza che sussista altra ragione che non sia il gusto di offendere in quanto tale.
Claudio Vercelli
(29 maggio 2022)