Letteratura ebraica,
il racconto dei protagonisti

Molte le iniziative e gli eventi a margine del Salone del Libro recentemente conclusosi con successo a Torino. Tra questi anche la presentazione di due docufilm del regista israeliano Yair Qedar: il suo recentissimo “L’ultimo capitolo di A.B. Yehoshua”, un documentario biografico dedicato allo scrittore, e “La Quarta Finestra” incentrato su Amos Oz, entrambi realizzati nell’ambito della serie “Ha-ivrim/The Hebrews”, dedicata dal regista ai grandi protagonisti della letteratura ebraica.
“L’ultimo capitolo” è l’unico dedicato a un autore ancora in vita. Nato da un incontro casuale tra il regista e lo scrittore, che Qedar era andato ad intervistare su Amos Oz, racconta in un intenso ritratto cinematografico l’attuale fase dell’esistenza di Yehoshua, segnata dal dolore per la perdita della moglie Rivka. La macchina da presa segue Yehoshua nelle sue attività quotidiane, dalle più banali a incontri importanti che caratterizzano la vita dello scrittore anche in qualità di comunicatore e di interlocutore politico, intento a organizzare incontri in Israele e all’estero. È il periodo in cui Yehoshua è preoccupato per la sua salute: a momenti alterni sembra ritrovare il gusto per l’esistenza e la passione per l’arte, ma ogni tanto si lascia andare a forme di depressione.
Brani di sue opere durante il film scandiscono le tappe principali della vita di Yehoshua.
Nato nel 1936 da un padre che lavorava nella segreteria del Mandato e da una madre molto forte, portata lì dal Marocco nel 1932, che si è sempre sentita sola perché non aveva la famiglia vicina. Il padre della madre era italiano ma avevano abitato a lungo in Nord Africa, per cui anche Yehoshua è stato considerato in Israele “un marocchino”. Yehoshua non ha particolare piacere a ripercorrere gli anni dell’infanzia, in mezzo a genitori che non si amavano. Agente dell’immaginazione, maestro dell’illusione, definizioni che gli calzano a pennello (tratte da Il Responsabile delle risorse umane), la domanda di fondo in ogni suo libro sembra sempre la stessa: ci si può spogliare della propria identità, liberarsene?
Si vede poi Yehoshua che torna a scrivere quello che sarà il romanzo del 2021 La figlia unica. Nonostante il Covid la troupe riesce a installarsi a casa sua, lo riprende mentre rilegge e ride “di un riso primario, rilassato” o parla di come nasce nella sua mente una storia, una creazione. Infine lo vediamo camminare con la stampella, arrampicandosi tra le lapidi del cimitero ebraico a cercare le tombe dei familiari. Ma la vita, anche quella che resta, deve essere vissuta bene e così non si sottrae agli impegni politici. Lo vediamo a Ramallah, intervistato da tv palestinesi. Afferma che prima era per la soluzione dei due Stati. Ma, si chiede adesso, come si fanno a evacuare quattrocentomila persone che vivono negli insediamenti? Bisognerà provare a convivere tutti insieme, a darci forza a vicenda.
Nel secondo film è Amos Oz il protagonista; nato a Gerusalemme nel 1939 da una famiglia originaria dell’Europa orientale, laburista fino agli anni ’90, una lunga esperienza giovanile in un kibbutz, “perché Tel Aviv non era abbastanza radicale”, Oz racconta la sua giovinezza, segnata dal suicidio della madre, in uno dei suoi libri più amati, Una storia di amore e di tenebra, testo indispensabile per capire il sionismo e le sue radici, la Gerusalemme del secondo dopoguerra, la vivacità del suo ambiente intellettuale.
Ma Oz è stato grande anche nell’esplorazione dei sentimenti, delle relazioni fra uomini e donne, dell’amore. Privato e politico spesso si incrociano, nelle sue pagine, ambientate in un paese lacerato da conflitti e forti contraddizioni politico-sociali.
Come affermato all’inizio del film, la vita di Oz è stata influenzata da due tragedie. Una è accaduta presto: sua madre si è suicidata quando aveva solo 12 anni. Ma l’altra è avvenuta poco prima della sua morte, quando sua figlia Galia lo ha accusato di abusi fisici, emotivi e mentali. Nel frattempo, vediamo e ascoltiamo la trasformazione di un ragazzo in un uomo, uno scrittore e un attivista politico, e della coscienza sociale di Israele. Apprendiamo del suo trasferimento in un kibbutz, della sua vita e dei suoi inizi letterari lì, del suo matrimonio con Nili, delle sue opinioni politiche che si evolvono lungo le linee del sionismo di sinistra e dell’applicazione di questi ideali alla luce dei conflitti con le vicine nazioni arabe.
The Fourth Window è un film ben realizzato, rispettoso e altamente informativo.
Un progetto, quello di Qedar, di grande valore storico e artistico che presenta al pubblico 16 ritratti di autori della letteratura ebraica dal 17esimo secolo ad oggi. Molti di questi lavori sono stati proiettati in numerosi festival in tutto il mondo e hanno ottenuto finora decine di importanti riconoscimenti.

(Nell’immagine: Qedar insieme a Yehoshua)