Festival Economia di Torino
L’Italia e le diversità da tutelare

Una società, quella italiana, percepita come profondamente ingiusta, in cui le diseguaglianze crescono su vari livelli e su cui è necessario intervenire. Ma ancor prima, serve studiarle in modo approfondito, discuterne e poi dibattere a livello pubblico sulle possibili soluzioni. E su questo si concentra la prima edizione del Festival internazionale dell’economia di Torino. “Noi sappiamo di toccare un nervo scoperto. C’è una profonda indignazione per le diseguaglianze presenti nel nostro paese, percepite come maggiori rispetto ad altre realtà. – ha sottolineato in apertura della rassegna il suo direttore, Tito Boeri – Per questo siamo qui: per analizzare e discutere su cosa fare per rimuovere le sorgenti di diseguaglianze a partire dalle discriminazioni di genere, etniche, su base razziale, di orientamento sessuale, e così via”. L’obiettivo del Festival, organizzato dagli Editori Laterza con la collaborazione del Collegio Carlo Alberto e dedicato a “Merito, diversità e giustizia sociale”, è di portare una discussione diffusa su questi temi. Tra questi, ritorna un argomento fondamentale per la convivenza civile e per realtà di minoranza come quella ebraica e valdese: il rispetto della diversità religiosa in uno Stato laico. A confrontarsi al Festival dell’Economia sulla situazione italiana in merito alle tutele garantite nel nostro paese e i passi ancora da fare, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni e la presidente del Concistoro della Chiesa valdese di Torino Patrizia Mathieu. L’appuntamento, moderato dal vaticanista Domenico Agasso in piazza Carlo Alberto (ore 16.30), è un’occasione significativa per dare voce, in un palcoscenico internazionale come il Festival che ospita ministri e Premi Nobel, a molte problematiche troppo a lungo accantonate. “In molti settori della nostra società c’è un desiderio di garantire la laicità del nostro Stato, ma questa non è ancora garantita come in altri paesi. Anche perché manca ancora in Italia una legge sulla libertà religiosa. – evidenzia Disegni a Pagine Ebraiche – Ci sono stati tanti progetti in parlamento a riguardo, ma nulla è stato portato a termine. È così abbiamo, a parte la Costituzione, ancora e solo la legge sui culti ammessi che risale al 1929, di epoca fascista. Questo la dice lunga sulla maturità del nostro paese nell’affrontare questo tema. Noi ebrei e i valdesi abbiamo le intese, strumenti di garanzia fondamentali per tutelare le nostre specificità, ma non basta”. Parlando poi di come l’Italia ancora fatichi, anche nelle sue istituzioni, a garantire spazi laici a tutti, il vicepresidente UCEI richiama l’esempio della presenza dei crocifissi nei tribunali o nelle anagrafi. “Se una persona va in giro con una kippa, con un crocifisso al collo o con il velo, non ferisce ovviamente la libertà religiosa degli altri e la sua individualità deve essere rispettata. Ma se io vado in un ufficio pubblico, dal tribunale all’anagrafe e vedo esposto il crocifisso, quella è un’imposizione, è il segnale evidente che l’Italia non è ancora un paese laico e maturo come altre democrazie”.
Tra i protagonisti di questa terza giornata del Festival, anche il noto filosofo Michael Sandel, legato a sua volta all’importanza di tutelare le differenze religiose. “Sono cresciuto in una famiglia ebraica e abbiamo allevato i nostri figli secondo questa tradizione. – aveva raccontato in un’intervista – La religione fornisce un quadro di riferimento per l’indagine morale nelle giovani menti e ci indirizza verso domande che vanno oltre il materiale”. E proprio sulle domande Sandel ha incentrato il suo intervento nelle scorse ore dedicato al suo ultimo saggio, La tirannia del merito: Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti (Feltrinelli). Al pubblico torinese ha chiesto se sia o meno giusto che un calciatore come Messi guadagni mille volte di più di un insegnante. “La domanda centrale è chi si merita che cosa e perché?”, ha sottolineato il filosofo, criticando l’idea che una società possa basarsi solamente sulla meritocrazia. Questo perché al merito corrisponde un’idea pericolosa di successo. “Io merito moralmente le ricompense che mi vengono riconosciute e sono il solo artefice del mio successo. Mentre, dall’altra parte, chi resta indietro merita quello che gli accade”. In questo quadro, ha spiegato Sandel, ci si dimentica che il successo del singolo deriva da una serie di fattori: gli insegnanti, i genitori, il paese in cui si vive, il periodo storico. “Credere che il mio successo sia opera mia e basta rende così difficile mettersi nei panni degli altri. Ci si divide in vincitori e perdenti e si vive nella tirannia del merito”. Servirebbe invece “maggiore umiltà, una virtù civica che permette di riconoscere i nostri limiti, di essere grati agli altri e alla fortuna per la propria posizione. E si rifletterebbe sulla costruzione di una vita pubblica più generosa”.
Tornando ai protagonisti del Festival, tra gli ospiti attesi per la quarta giornata anche la senatrice a vita Liliana Segre che, in dialogo con Ferruccio De Bortoli, interverrà nell’incontro “La Memoria rende liberi”.
In tema di effetti della persecuzione e Shoah, uno sguardo differente sarà offerto in mattinata dall’economista tedesco Fabian Waldinger che si soffermerà sul “Costo economico della discriminazione sui talenti: il caso della Germania nazista”.

dr