I cento giorni
dell’aggressione russa

Sono passati cento giorni da quando, il 24 febbraio scorso, la Russia ha deciso di aggredire e invadere l’Ucraina. “Mosca – ricorda il Corriere della Sera – aveva puntato su Kiev, la resistenza l’ha costretta a rinunciare alla capitale per concentrarsi sul Donbass. Lo sforzo bellico è stato enorme, con perdite di 15-20 mila caduti per parte”. E se l’Occidente, Stati Uniti su tutti, non avesse fornito armi e sostegno all’Ucraina oggi probabilmente ci troveremmo, sottolinea sempre il Corriere, con un altro stato vassallo di Putin, come la Bielorussia, ma molto più grande e popoloso. Intanto i russi hanno già in mano un quinto del paese, ha dichiarato il presidente ucraino Zelensky, mentre il segretario generale della Nato Stoltenberg avverte che dobbiamo essere pronti a una “guerra di usura” a “lungo termine”.

Richieste immorali a Kiev. “Che l’Ucraina ceda alcuni territori alla Russia? Che la comunità internazionale si metta alla guida di un tradimento in piena regola? È una proposta indecente, dopo aver assistito ai sacrifici compiuti dall’Ucraina. Immorale. Ma soprattutto assurda”, lo scrive il filosofo Bernard-Henri Lévy in prima pagina su Repubblica, rispondendo a distanza all’idea di chi dichiara che l’Ucraina dovrebbe scegliere la resa. Sul Fatto Quotidiano a sostenere qualcosa di simile il solito ex generale Fabio Mini, che continua a propugnare la propaganda russa su una Kiev infiltrata dai nazisti e un’invasione decisa da Putin perché costretto dalla presunta minaccia Nato. In un lungo repertorio di distorsioni Mini scrive persino che l’esercito invasore non è stato respinto dalla capitale ucraina, ma che in realtà non voleva entrarci. Voleva solo fare un’azione dimostrativa di forza. Per convenienza la firma del Fatto Quotidiano dimentica cosa è accaduta nella periferia di Kiev, da Bucha a Irpin. A rispondere sulle stesse pagine a Mini (ma anche ad Alessandro Orsini e le teorie della guerra per procura americana), è Gad Lerner che sottolinea come a non volere i russi in Ucraina sono gli ucraini. Sono loro a resistere (Lerner si spinge poi a fare un paragone con la situazione tra israeliani e palestinesi).

Orban salva Kirill. Grazie all’ennesima opposizione del premier ungherese Viktor Orban, l’Unione europea ha dovuto fare un passo indietro e togliere il patriarca russo Kirill (che la Stampa definisce “l’alleato più fedele dello zar”) dalla lista nera dei colpiti dalle sanzioni. Un successo per Orban, compensato in parte dal via libera al sesto pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia. “Con il suo no ostinato Orbán – sostiene Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere – ha offerto un comodo alibi a molti altri governi dell’Unione, a cominciare da quello tedesco, che in queste settimane non hanno mancato di manifestare in mille modi la loro scarsa, scarsissima, volontà di opporsi fino in fondo all’aggressione russa all’Ucraina”. Per l’editorialista l’Europa e le sue opinioni pubbliche devono riconsiderare le rispettive priorità: difendere i propri valori senza troppi compromessi, abbandonando la logica della difesa dei propri interessi.

Monaco 1972. Il prossimo 5 settembre saranno passati 50 anni dalla strage compiuta dai terroristi palestinesi ai Giochi di Monaco ’72 contro la delegazione olimpica israeliana. In coincidenza con l’anniversario è prevista una cerimonia in Germania alla presenza dei Presidenti Frank-Walter Steinmeier e Isaac Herzog. Ma da Israele potrebbe non venire nessuno, segnala Italia Oggi, riprendendo le parole della vedova di Ankie Spitzer – uno degli atleti israeliani uccisi – alla Süddeutsche Zeitung. “Nessuno di noi verrà”, ha dichiarato. “Non vogliamo fare uno scandalo, ma non abbiamo altra scelta”. “La Germania – spiega Italia Oggi – non ha ancora rimborsato i parenti, palleggiando le responsabilità: i giochi vengono organizzati da una città, da Monaco dunque, non dalla Germania. Potrebbe forse pagare la Baviera, ma non sarebbe obbligata. Ci si comporta come se l’attentato fosse un incidente stradale”.

Fare Memoria. Tra i protagonisti della prima edizione del Festival dell’Economia di Torino, la senatrice a vita Liliana Segre, che oggi pomeriggio interverrà al Collegio Carlo Alberto, parlando del proprio impegno civico per la memoria. “Mia madre non ha mai odiato. E mi ha fatto studiare il tedesco da piccolo. ‘Così ti potrai difendere’ diceva”, racconta al Corriere 7 il primogenito della senatrice, Alberto Belli Paci.

Difesa dei minori. La Facoltà teologica di Napoli ha attivato un corso intitolato “Minori e persone vulnerabili. Tutela, ascolto, prevenzione”. “Si tratta di un progetto che mira a rafforzare un’alleanza sul tema della tutela dei minori tra tutti gli attori che sono coinvolti in una cornice accademica formativa e scientifica”, ha spiegato il coordinatore del progetto Paolo Palumbo. Avvenire, parlando del corso, scrive che è rivolto “a sacerdoti, gruppi, movimenti, associazioni, docenti e studenti, operatori pastorali”. “Aderiscono – aggiunge il quotidiano della Cei – anche ebrei e musulmani come Ariel Finzi, rabbino capo della comunità ebraica di Napoli e dell’Italia meridionale, e l’imam Massimo Cozzolino, segretario nazionale della Confederazione islamica italiana”.

L’ultimo saluto al partigiano Smuraglia. Per dare l’ultimo saluto al partigiano Carlo Smuraglia, presidente onorario dell’Anpi, l’appuntamento è per oggi, dalle 9 alla Sala Alessi di Palazzo Marino, dove sarà allestita la camera ardente, riporta Repubblica Milano. “Carlo è stato e sarà per tutti noi riferimento fondamentale, per il suo instancabile impegno per i valori della Resistenza, dell’antifascismo, per la difesa e l’attuazione della nostra Carta Costituzionale”, le parole del presidente dell’Anpi Milano Roberto Cenati.

Daniel Reichel