La crisi del grano

Il blocco sulle esportazioni del grano ucraino espone al rischio della fame oltre 50 milioni di persone in Africa e Medio Oriente. Per questo c’è un impegno congiunto a livello internazionale per trovare una soluzione. Una delle opzioni è di sminare il porto di Odessa e da qui far partire le navi cariche di grano ucraino. Secondo un quotidiano russo ci sarebbe un accordo in tal senso tra il Cremlino e la Turchia in veste di mediatrice. “Lo schema dell’accordo prevede lo sminamento dei porti ucraini da parte dei genieri turchi, che richiederebbe un mese. Poi gli oltre 20 milioni di tonnellate di grano verrebbero caricati sui cargo, principalmente ad Odessa, e scortati dalla Marina di Ankara. L’operazione sarebbe guidata da un centro di coordinamento a Istanbul, sotto l’ombrello Onu”, scrive Repubblica. Il quotidiano evidenzia però come ci siano due grandi ostacoli: uno, Mosca chiede l’allentamento delle sanzioni; due, l’Ucraina teme che i russi usino i corridoi per assalirla. “Putin – nota il ministro degli Esteri Kuleba – dice che non userà le vie commerciali per attaccare Odessa. Ma è lo stesso Putin che diceva al cancelliere tedesco Scholz e al presidente francese Macron che non ci avrebbe attaccati”. Putin inoltre, come spiega l’approfondimento Dataroom del Corriere della Sera, usa la crisi del grano per forzare l’immigrazione dall’Africa verso l’Europa e mettere ulteriormente in difficoltà il Vecchio Continente.

Il caso a Peschiera. Il 2 giugno scorso ci sono state violenze e molestie nel corso di un raduno organizzato attraverso il social network TikTok, a cui hanno partecipato principalmente ragazzi nordafricani. Tra le situazioni più gravi, quanto accaduto sul treno regionale Verona-Milano, dove già cinque ragazze hanno denunciato di essere state “aggredite alle spalle, palpeggiate, in balia di quei ragazzi”. Il padre di una delle vittime racconta al Corriere la telefonata della figlia terrorizzata mentre era intrappolata sul treno. Repubblica parla di un branco di una trentina di giovani e la procura di Verona ha aperto un fascicolo per violenze sessuali al momento contro ignoti. Il sindaco di Peschiera Orietta Gaiulli a Repubblica dichiara che le autorità hanno sottovalutato i rischi del raduno. “Infatti è stato un disastro: il treno delle 13 del 2 giugno ha portato un migliaio di ragazzi che hanno devastato la spiaggia e la città”. Sempre su Repubblica, un approfondimento intitolato “A Peschiera in scena violenza e rabbia dei figli di immigrati”, dà voce ad alcuni dei giovani che erano presenti sul Garda. Il raduno era stato intitolato “L’Africa a Peschiera del Garda” e vi hanno partecipato moltissimi ragazzi tra i 15 e i 20 anni di seconda o terza generazione. Dalle voci raccolte da Repubblica, ma anche dalla Stampa emerge un parziale e complesso quadro di disagio ed emarginazione.

Johnson evita la sfiducia. Il primo ministro britannico Boris Johnson si è salvato dal voto di sfiducia contro la sua leadership in seno al Partito conservatore britannico. 211 voti a suo favore, ma ben 148 contrari: “una spaccatura che lo indebolisce e potrebbe non bastare a blindarlo nel prossimo futuro”, scrive il Corriere. La maggioranza richiesta per sfiduciarlo era 180. “Boris – l’analisi del quotidiano – paga soprattutto lo scandalo del Partygate, le feste a Downing Street in violazione delle norme sul lockdown. Lui sperava di essersi messo la questione alle spalle, ma in realtà l’opinione pubblica ha già dato il suo verdetto: il premier è un bugiardo che ha perso ogni credibilità”.

Propaganda russa. L’ambasciatore russo Sergey Razov è stato convocato alla Farnesina per chiarire a Mosca che l’Italia respinge con durezza al mittente le accuse di “amoralità” dei rappresentanti delle istituzioni e dei media italiani formulate dal Ministero degli esteri russo in un comunicato diffuso sabato. Accuse definite da Roma “inammissibili e offensive” (La Stampa). In merito alla propaganda russa, Libero si sofferma sulla figura della portavoce del ministro degli Esteri, Maria Vladimirovna Zakharova. Nel farne un ritratto, il quotidiano scrive che “quasi subito scioccò la stampa occidentale, quando rispose alle accuse di interferenze russe nelle elezioni Usa, dicendo con accento ebraico caricaturale che semmai erano stati emigrati ebrei russi a manipolare il voto”.

Da Israele all’Ucraina, un peluche contro i traumi. Si chiama Hibuki, il peluche curativo inventato da uno psicologo israeliano e diventato uno strumento per aiutare i bambini traumatizzati dai missili e dalle sirene sul confine con Gaza. Come aveva scritto su Pagine Ebraiche Daniela Fubini, ora quei peluche sono stati inviati per aiutare anche i bambini ucraini. Un’iniziativa ripresa oggi dal Giornale.

Calcio e politica. Alcuni giorni fa Mahmoud Jaber, classe 1999, ha fatto il suo esordio con la nazionale israeliana nella partita contro l’Islanda. Il Giornale racconta come questo sia stato un momento “altamente simbolico”, evidenziando come il fratello, Abdallah Jaber, classe 1993, abbia invece scelto di vestire la maglia della selezione palestinese. “Nei giorni che hanno preceduto il match contro gli islandesi – evidenza il quotidiano – non sono mancate le polemiche sui social, visto che in bilico tra due selezioni c’era uno dei talenti più appetibili in circolazione in quell’area”.

Gas. Il Libano ha accusato Israele di atto ostile per estrazione di gas nel Mediterraneo. Il riferimento è alla piattaforma energetica internazionale a largo della costa israeliana per l’estrazione di gas naturale che, secondo Beirut, si troverebbe in un sito nel Mediterraneo orientale conteso, scrive Italia Oggi.

La rivolta ad Auschwitz. Il Riformista ricorda la ribellione di Rom e Sinti il 16 maggio 1944 contro gli aguzzini nazisti ad Auschwitz. “Gli Zingari del campo di Auschwitz-Birkenau a maggio del 1944 sono più che decimati. Nelle camere a gas sono finiti, a marzo, molti dei sopravvissuti alle malattie e agli stenti, ma qualche migliaio resiste, e allora si pensa a una soluzione drastica: liquidare definitivamente la sezione dello Zigeunerlager, uccidendo tutti in una volta. – racconta il Riformista – Qualcuno però parla, e il campo viene avvertito. Quando le guardie circondano lo Zigeunerlager ed ordinano a tutti di uscire, ricevono come risposta un rifiuto. I prigionieri si sono messi d’accordo e hanno deciso di tentare, più per orgoglio che pensando al successo, una disperata resistenza. Con gli strumenti del loro lavoro di schiavi – tubi di ferro, martelli, vanghe, picconi, pale -, i prigionieri resistono al di là delle loro forze, prendendo di sorpresa le guardie e, dopo alcuni morti dall’una e dall’altra parte, costringendole a desistere. La strage è solo rimandata di qualche mese”

Daniel Reichel