Rabbini in chiesa, divieti ed eccezioni
Non è consuetudine che un rabbino ortodosso varchi la soglia di una chiesa. Norme stringenti vietano in genere questa attività, fatta eccezione per un ristretto numero di casi. Alcuni validi universalmente, come il principio che nel fare ciò non si deve mettere a rischio la vita propria o quella di qualcun altro. Altri invece legati a usi e tradizioni che possono differire da un Paese all’altro.
È riferendosi a una di esse, ad esempio, che il rabbino capo d’Inghilterra rav Ephraim Mirvis ha potuto partecipare alle celebrazioni per i 70 anni dall’insediamento della regina Elisabetta svoltesi di recente nella cattedrale di Londra. Una sentenza del tribunale rabbinico della capitale inglese dispone infatti che tale proibizione possa essere infranta se l’invito a partecipare a una cerimonia religiosa cristiana arriva da un membro della famiglia reale. ”È l’unica eccezione contemplata”, ha puntualizzato il rabbino Herschel Gluck alla Jewish Telegraphic Agency.
E l’Italia? “La situazione viene valutata caso per caso. Il principio è che un’eccezione sia possibile solo nel caso in cui, agendo diversamente, la collettività ebraica si trovi in una condizione di pericolo. Non mi pare che sia un rischio che corriamo al tempo presente” afferma rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova e Consigliere UCEI. In ogni caso, specifica, “tutto sta alla sensibilità e al senso di responsabilità del singolo individuo”. Il rav cita tra gli altri il caso di un concerto in onore di Tullia Zevi tenutosi nella Cappella Paolina del Quirinale, con la dirigenza e i rappresentati ebraici rimasti all’esterno della sala. Era il febbraio di tre anni fa. “Una scelta corretta, malgrado l’invito arrivasse dal Presidente della Repubblica. Parliamo infatti di un concerto, non di un evento di Stato…”.
Rav Luciano Caro, rabbino capo di Ferrara, dice “che non esiste niente di codificato e se c’è perlomeno non ne sono a conoscenza”. Ma che l’indirizzo “è sempre stato questo, con la scelta che ricade di volta in volta sulla capacità critica del singolo rabbino”. Nella sua lunga carriera di inviti in Chiesa ne sono arrivati parecchi. “Ma io, spero con sufficiente garbo ed eleganza, ho sempre dovuto declinarli…”.
Una delle città italiane in cui gli scambi interreligiosi sono più intensi è Firenze. “La frequentazione in un senso e nell’altra è piuttosto significativa, ma ciò nonostante non mi è mai successo di ricevere un invito e di dovere motivare le ragioni della mia impossibilità a partecipare” racconta rav Gadi Piperno, che ne è il rabbino capo dal 2019. “È un segno – il suo pensiero – che il Dialogo molto ci ha fatti progredire sul piano della conoscenza reciproca. Si ha quindi oggi una forte consapevolezza su chi si ha di fronte e su cosa possa e non possa fare. Il tutto all’insegna di un profondo rispetto”.