Ticketless – Insegnanti, io vi esorto a viaggiare!
Carlo Cottarelli è bravo e simpatico. Mi piace ascoltarlo, mi piace la sua voce: parla di economia in modo comprensibile. L’altra sera l’ho sentito sbottare, come ama fare lui, sempre con il sorriso sulle labbra, di fronte al profluvio di elogi che si ascoltano in queste ore in memoria di Enrico Berlinguer (film, libri, documentari, lenzuolate sui giornali). Nulla di personale, ha precisato, ma perché in Italia una minima parte di quella attenzione non la si dedica mai a Ugo La Malfa?
Berlinguer fu grande, La Malfa grandissimo. Il confronto in rete dei loro discorsi, oggi facilmente accessibile, rende evidente questo divario e svela come la grandezza di Berlinguer sia sempre limitata dal fardello del nodo con l’Unione Sovietica, che rende amletici, talora impenetrabili molti suoi discorsi. La fascinazione prodotta dalla voce di entrambi è legata al timbro, certo: al fondo sardo della voce dell’uno, siciliano dell’altro. Riascoltare le Tribune politiche con La Malfa è un’esperienza unica, paragonabile a un concerto, per quel modo di parlare, quello sguardo profondo dietro gli occhiali, quell’andare diritto al cuore dei problemi. Lo ascolto in rete sempre volentieri, produce un sollievo all’anima, quali che siano i mali che denuncia (gli stessi di oggi). Non è solo una questione di forma, ovvio. I contenuti, concreti, chiari, le scelte economiche degne del migliore azionismo. Cottarelli di lì discende, con ogni evidenza. Non so se capita ad altri che hanno la mia età: mi diverte ascoltare la voce di persone cui abbiamo voluto bene. Faccio qualche nome sparso, tra gli studiosi e i critici: Edoardo Sanguineti, Franco Venturi, Carlo Dionisotti. Tra i politici non ho dubbi: La Malfa, the voice.
Perché La Malfa sia così impopolare nell’Italia di oggi è facile spiegare: la sua sfortuna è la stessa di Cattaneo, di Salvemini e del concretismo. In Romagna le cose saranno andate diversamente, nel resto del paese è un mito per happy fews. Dunque, nessuna beatificazione postuma è alle viste, come nel caso di Berlinguer. Meglio così.
I meriti di La Malfa sono tantissimi. Mi limito a ricordarne uno, piccolo, piccolo. Non posso non farlo in una rubrica come questa, che deve il suo titolo alle Ferrovie dello Stato. Si deve infatti a La Malfa l’istituzione della tessera ferroviaria per gli insegnanti, che viaggiavano con uno sconto su tutti i treni. Dubito che qualcuno se lo ricordi. Se la memoria non m’inganna quella tessera aveva valore di documento di identità, come la patente. Sono entrato nei ruoli dello Stato, quando questa idea geniale di La Malfa era già stata portata in soffitta. Però ricordo bene: i miei migliori insegnanti del Liceo quel documento lo esibivano con orgoglio, raccontando i viaggi numerosi che facevano per andare a vedere mostre, cercare libri in lontane biblioteche, fare ricerche per i loro libri o portare i figli a vedere le meraviglie del paesaggio italiano.
Alberto Cavaglion