Israele e la propaganda dell’odio
Le dinamiche che hanno portato alla morte della giornalista Shireen Abu Akleh sono ancora tutte da chiarire. Vano finora ogni tentativo da parte di Israele di promuovere un’indagine congiunta insieme all’Autorità Nazionale Palestinese. L’esercito israeliano, sostengono a Ramallah, avrebbe agito deliberatamente per ucciderla. Una tesi al veleno sostenuta tra gli altri dalla Rete NoBavaglio – Liberi di essere informati, ospite quest’oggi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana per un incontro dal titolo “Morire per informare”. Tra gli intervenuti il segretario generale Fnsi Raffaele Lorusso, le cui parole hanno introdotto l’evento.
Un’iniziativa infelice da parte del sindacato dei giornalisti italiani, la cui sede ha fatto da cassa di risonanza, per quasi due ore, a una propaganda anti-israeliana a flusso continuo. “È assolutamente inequivocabile che sia stata vittima di una barbara esecuzione” ha esordito la rappresentante della Rete No Bavaglio. Gravissime anche le accuse lanciate da Abeer Odeh, ambasciatrice dell’Autorità Nazionale Palestinese in Italia: “L’uccisione contro cittadini palestinesi fa parte di una politica sistematica. Non c’è immunità per nessuno: non per giornalisti, né per medici e infermieri; e nemmeno per bambini e anziani. Ogni palestinese è un obiettivo da colpire”. Secondo Nasser Abu Bakr, leader del sindacato dei giornalisti palestinesi, Shireen Abu Akleh “è stata uccisa perché il mondo non sappia la verità: non c’è alcun dubbio sul fatto che l’esecuzione sia avvenuta per mano dell’esercito israeliano”. “Bambini, donne, uomini: nessuno è immune dal fuoco israeliano. Israele deve essere portato davanti alla corte criminale internazionale” l’auspicio espresso dall’ex europarlamentare Luisa Morgantini. Tina Marinari, coordinatrice delle campagne di Amnesty International Italia, ha poi accusato Israele di essere “un regime di apartheid”. Mentre Tano D’Amico, fotoreporter, di praticare un “genocidio”. Il presidente dell’Anpi Roma Fabrizio De Sanctis, nel riferirsi ancora ai recenti fatti, ha parlato di “omicidio mirato”. Accuse anche dal giornalista Michele Giorgio, firma del Manifesto. E da Francesca Albanese, relatrice delle Nazioni Unite, secondo la quale si sarebbe in presenza di “un potenziale crimine di guerra”. In apertura di incontro la testimonianza (in collegamento) di Tony Abu Akleh, il fratello della giornalista. “Israele – il suo pensiero – non guarda chi ha in faccia, pratica l’uccisione sistematica e arbitraria”. Grandi applausi in sala alla fine di ogni intervento. Mai un dubbio, una remora, una perplessità.