“Questo” mondo da mettere a fuoco
attraverso le parole di Primo Levi

“Nell’opera di Primo Levi la parola ‘questo’ è la parola della concretezza, della precisione e della fermezza. Fra i luoghi dove compare, due soprattutto sono memorabili: il titolo del suo libro di esordio Se questo è un uomo e il finale del racconto «Carbonio», che conclude la sua autobiografia chimica Il sistema periodico imprimendo sulla carta proprio quella parola, seguita da un punto fermo”. Da qui l’idea di avviare una nuova collana di studi e ricerche sull’opera di Primo Levi intitolata proprio “Questo”. A pubblicarla, in collaborazione con il Centro Primo Levi di Torino, l’editore Zamorani. Tre i volumi che costituiranno la prima ossatura della collana, come spiega a Pagine Ebraiche lo storico Fabio Levi, direttore del Centro Primo Levi nonché curatore del progetto editoriale che sarà presentato oggi alle 18.00 nella sede di Zamorani (corso San Maurizio 25). “Abbiamo potuto contare su molti e importanti contributi per questo progetto. Uno dei volumi è dedicato al rapporto tra ebrei e Piemonte con riferimento alla famiglia Levi (Una parete di sospetto. Presenze ebraiche e società piemontese). Il secondo si intitola ‘Primo Levi al plurale’ e riprende gli atti del convegno organizzato per il centenario della sua nascita. Il terzo, intitolato ‘Le parole del dolore’, analizza il tema della tortura visto da chi opera sul terreno, in particolare le psicologhe del Centro Primo Levi di Parigi, e apre una riflessione a partire dall’analisi dell’opera leviana sul modo di rappresentare il dolore”.
A presentare la nuova collana assieme a Fabio Levi, saranno l’assessore alla Cultura di Torino Rosanna Purchia; Domenico Scarpa, che ha curato il secondo volume, e l’editore Silvio Zamorani. “Il nome della Collana, Questo, – afferma Zamorani a Pagine Ebraiche – fa riferimento a temi poco visibili per ragioni di prospettiva. Abbiamo una forma di presbiopia per gli elementi a cui siamo eccessivamente vicini, che ci impedisce di comprenderne il significato e il contorno”. In questo caso, aggiunge l’editore, il riferimento è al passato più tragico del Novecento europeo. L’obiettivo della collana è metterlo a fuoco attraverso le parole, i luoghi, le vite di Primo Levi. “Non si capisce come si arriva alle leggi razziali del ’38 se non si studia l’Ottocento, il ruolo ebraico nel Risorgimento e il rapporto tra ebrei e potere statale”. “Abbiamo situato la storia della famiglia Levi nel contesto piemontese ottocentesco e abbiamo cercato di farlo attraverso uno studio serio, scientifico e allo stesso tempo il più possibile accessibile al pubblico, per avvicinarlo a questi temi. Ci si trova così davanti a un rapporto tra gli ebrei e il mondo circostante meno lineare, meno facile di quanto in genere si cerca di rappresentare”. Una linea, quella di aprire nuovi punti di vista e riflessioni, attraverso un attento metodo storico, che per Zamorani rappresenta uno dei punti saldi del lavoro della sua casa editrice. “Noi abbiamo iniziato il nostro lavoro occupandoci molti anni fa del fatto che all’inizio, al di là dello sterminio in sé, tutto il resto appariva come non interessante, non importante. Oggi ci si rende conto che tutto ciò che circonda lo sterminio è quello che lo ha determinato: la passività, l’indifferenza, il pregiudizio nascosto o meno, tutti questi sono elementi fondanti della Shoah”. Elementi che nella collana, usando il prisma di Primo Levi, si cerca di affrontare, spiega ancora l’editore torinese. E lo si fa, ribadisce, con la storia. “Sono molto attento al futuro della Memoria. Stiamo per entrare in un periodo in cui non ci sarà più la voce dei sopravvissuti. La loro è una testimonianza che non potrà essere sostituita. E bisognerà quindi prenderne atto e modificare il lavoro, portando al centro i documenti, la parola scritta, sostenuta dalla rigorosa ricerca scientifica”. “Questo – rileva – penso sia il futuro”.