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“L’uomo è come un albero”

Prolifico autore di saggi a tema ebraico, nel suo Piccolo libro per il 15 del mese di Shvat, pubblicato dall’editore Salomone Belforte, Paolo Orsucci Granata propone un breve ma suggestivo viaggio alla scoperta del rapporto speciale che vi è nell’ebraismo con il Creato, l’ambiente, la natura. L’opera, di cui riportiamo di seguito un brano, sarà presentata giovedì 14 giugno alle 18 nella sede del Centro Bibliografico UCEI. Dialogherà con l’autore Davide Saponaro.
(Per partecipare: fondazione@beniculturaliebraici.it)

L’inizio è come un albero. Tutto nasce da un seme. La terra lo feconda e lo accoglie. L’albero, ancora seme, sa dove potrà piantare le proprie radici. L’uomo è la memoria dell’albero. L’albero è memoria. Nelle radici le strade. I cerchi del tronco, che la corteccia lascia disegnati durante la crescita, segnano il tempo che passa e racchiudono gli eventi di cui è stato testimone. L’albero respira e dà respiro all’uomo.
L’uomo è un albero nel proprio deserto e ha in sé le capacità di rendere il deserto un giardino. L’uomo può far nascere un giardino intorno a sé e dentro al proprio tempo. Può trovare dentro di sé quel giardino abbandonato cinquemila anni fa, quasi sei.
L’albero è un faro.
Primo respiro, profondo – il dispiegarsi: “Dio disse: La terra produca germogli, erbe che facciano seme, alberi da frutto che diano frutti ciascuno della propria specie, contenenti il loro seme, sulla terra. E così fu. La terra produsse germogli, erbe che fanno seme secondo la loro specie, alberi da frutto contenenti ciascuno il seme della propria specie. Dio vide che era cosa buona. Così fu sera e fu mattino, un terzo giorno”.
Secondo respiro, creativo – la progettualità: “Il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato. Il Signore Dio fece germogliare dal terreno tutti gli alberi dall’aspetto piacevole e dal frutto buono a mangiarsi, l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male”.
I primi alberi che abbiamo visto sono quelli del giardino dell’Eden. Ma non ce lo ricordiamo, perché quando nasciamo tutto ricomincia daccapo e ogni volta è la prima. Eppure quell’albero, dal cui frutto siamo stati esclusi ma che ci siamo comunque presi, vive dentro di noi. La nostra colonna vertebrale è quell’Albero della Conoscenza e noi siamo l’Eden che lo ospita.
L’albero è reminiscenza e noi siamo la reminiscenza di quell’albero che contiene la sapienza di Dio, del discernimento e della forza motrice che dispiega il nostro errare su questo mondo. Errare come voce del verbo camminare, ma anche come voce del verbo sbagliare. Camminando e sbagliando facciamo la Storia, perché la storia è costruzione, è recupero della memoria perduta del nostro essere testimonianza della Creazione. Siamo eco e parola dell’eco, che la Parola stessa ha pronunciato nell’atto della Sua Creazione.
L’uomo è l’albero piantato in memoria. L’uomo è la Creazione che diviene esperienza. La Creazione è l’albero che l’uomo è, che l’uomo ha in sé. L’uomo è come un albero.

Paolo Orsucci Granata, Piccolo libro per il 15 del mese di Shvat. Appunti sul Capo d’Anno degli Alberi