Crimini di guerra
A leggere i commenti sui social alla notizia, ripresa dalla stampa, della condanna all’ergastolo per “crimini di guerra” del soldato russo di 21 anni colpevole di aver ucciso, su ordine del suo superiore, un civile ucraino disarmato, sembrerebbe che proprio nessuno nel nostro paese abbia mai sentito parlare di “ordini illegittimi” e di “responsabilità individuale”. Certo, sono concetti giuridici complessi e ancora in parte controversi, soprattutto nel rapporto tra diritto nazionale e internazionale, ma almeno qualcuno, tanto per farsi venire un dubbio, avrà sentito nominare a scuola l’Antigone di Sofocle, o senza tornare tanto indietro avrà letto del processo di Norimberga e della sua sentenza del 1950 che recita: “Il fatto che una persona abbia agito obbedendo a un ordine del suo governo o di un suo superiore non esclude la responsabilità della persona secondo il diritto internazionale, purché la sua scelta morale fosse di fatto possibile.”
Invece tutti a commentare: “Obbediva a un ordine”. È vero che in Italia nel 1948 gli ufficiali di Kappler responsabili del massacro delle Fosse Ardeatine furono assolti “per aver obbedito agli ordini di Kappler”, ma da allora qualcosa è cambiato anche nel diritto e nella percezione dei crimini di guerra. Nulla di questi cambiamenti sembra essere stato recepito, o almeno sospettato, nella mentalità comune.
Vorrei ricordare però una sentenza che mi ha sempre fatto correre un brivido nella schiena. È la sentenza con cui nel 1956 dei soldati dell’esercito israeliano, che avevano ucciso una cinquantina di civili palestinesi del villaggio di Kfar Kassem, furono condannati da un tribunale militare a pene variabili fra i sette e i diciassette anni. Il giudice che scrisse la sentenza, Benjamin Halevy, fu un personaggio importante, vicino alla destra e non alla sinistra, attivo nel processo Eichmann e in molti altri processi importanti. A proposito della possibilità di distinguere un ordine illegittimo da uno legittimo, scrisse nella sentenza che “l’illegittimità palese è come un drappo nero che sventola al di sopra dell’ordine dato, ammonendo: ‘Vietato'”.
Ecco, quel drappo nero non sventola più nè in Ucraina nè nel resto del mondo.
Anna Foa, storica
(13 giugno 2022)