Il nuovo inizio di Memoriale e CDEC
“Via Eupili sempre nel cuore”

Un capitolo si è chiuso nella storia della Fondazione CDEC, la cui nuova sede all’interno del Memoriale della Shoah milanese sarà inaugurata nelle prossime ore nel corso di un evento molto atteso. Ma il ricordo di quel che ha rappresentato la palazzina di via Eupili 8 in cui ha operato per decenni è destinato a restare indelebile nella memoria dei tanti che ne hanno varcato la soglia, da protagonisti o da semplici fruitori dei suoi servizi.
“Sono entrato in via Eupili che ero uno studente di storia. In una riunione di giovani che si occupavano di sicurezza e di odio antiebraico Adriana Goldstaub ci guidò sapientemente alla definizione del tema”, il primo ricordo del suo direttore Gadi Luzzatto Voghera. Quindi, prosegue in una testimonianza diffusa insieme ad altre dal CDEC, “trovai un mare di libri per la mia tesi di laurea e in seguito fui nominato consigliere delegato dell’Ugei”. Gli storici della Fondazione, che Luzzatto Voghera definisce un faro, “mi aiutarono a discutere il primo libro, che si occupava di giovani e di antisemitismo: ogni tanto tornavo, in cerca di volumi e riviste introvabili, in quella miniera d’oro che è la biblioteca (per tacere dell’archivio)”. Quando si è aperto il bando per la direzione del CDEC è stata pertanto come una folgorazione. Un tornare a casa, afferma, “accanto a colleghi che prima di tutto erano amici: è stato bello, in via Eupili 8”.
Al suo ingresso al CDEC nel 1969, spiega la storica Liliana Picciotto, “via Eupili significava due locali sul retro della palazzina al secondo piano del numero 6: la biblioteca conteneva 1.500 volumi, l’archivio qualche centinaio di documenti; la finestra era perennemente illuminata fino alle 21 per sbrigare il super-lavoro; eravamo in quattro”. Nel 1976 “siamo passati in via Eupili 8, i locali erano diventati tre: avevamo conquistato la facciata; la biblioteca si era ampliata, i documenti erano diventati migliaia; le finestre di sera non erano più illuminate perché eravamo in un posto di lavoro vero, con orari veri; eravamo in sei”. Nel 1986 la conquista di un altro piano, per un totale di sei locali. “La biblioteca si era ampliata ancor di più, i documenti erano diventati decine di migliaia; eravamo in otto”, sottolinea. Nel 2022, infine, “abbiamo abbandonato via Eupili per piazza Safra, con una biblioteca di 30.000 volumi, un milione di documenti, una impegnativa fama di istituto storico internazionale, il super-lavoro è rimasto sempre tale; siamo in 15”. La nuova sede, dice, “ci proietta verso il futuro, con nel cuore lo spirito di via Eupili”.
La sociologa Betti Guetta, a capo dell’Osservatorio Antisemitismo, ricorda di aver iniziato a frequentare la palazzina di via Eupili già da giovane. “Prima – racconta – perché al pianterreno del civico 6 c’era la sede del Bene Akiva. Poi in anni universitari per fare la mia tesi di laurea sul pregiudizio antisemita in Italia”. Tra i luoghi frequentati allora la stanza in cui “venivano letti i quotidiani per verificare l’affidabilità e l’onestà della scrittura sui temi riguardanti l’ebraismo, gli ebrei ma soprattutto Israele”. Gli articoli, ricorda Guetta, “venivano ritagliati, incollati su fogli ciclostili e poi archiviati”. Di fronte a lei un gruppo di donne – tra cui Adriana Goldstaub e Gigliola Lopez – che “sapevano cosa cercare e come archiviare il loro materiale”. Anni di impegno istruttivi per “la modalità corale del lavoro, il confronto e la discussione tra le colleghe, il rispetto, la capacità di ascolto, la curiosità reciproca”. Un piccolo universo femminile “preparato e colto”, che avrebbe costituito uno stimolo a dedicarsi, anche professionalmente, a questa realtà.