La presentazione di Meghillà
“Talmud, stimolo continuo”
Tra i tanti insegnamenti che si possono ricavare dal Talmud uno dei più importanti è l’attenzione da dedicare a ogni singola parola e concetto. Dietro a ciascun dettaglio, ricordava ieri rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, “c’è infatti un pensiero”. Un concetto sempre valido e che è la cifra anche del trattato di Meghillà, da poco tradotto in italiano e presentato nelle scorse ore nella sede del Centro Ebraico il Pitigliani.
Molteplici gli spunti che anche Meghillà offre al pubblico dei suoi lettori, settimo trattato a vedere la luce nell’ambito del progetto di traduzione avviato nel 2010. “Il coronamento a un’opera corale e collettiva” le parole del suo curatore, rav Michael Ascoli. Ad intervenire, moderati dalla giornalista Nathania Zevi, anche la redattrice Deborah Cohenca, il professore di Storia del Cristianesimo Tommaso Caliò e rav Di Segni in qualità anche di presidente del progetto di traduzione. In apertura i saluti del presidente del Pitigliani Bruno Sed, del vicepresidente della Comunità ebraica di Roma Ruben Della Rocca e dell’assessore UCEI Davide Jona Falco.
Due, ha specificato Jona Falco, i motivi per cui esprimere soddisfazione. Il primo “è che il Talmud ci appartiene in profondità”. Il secondo è che il progetto “è l’emblema di una collaborazione proficua con lo Stato, che ha dimostrato grande sensibilità e attenzione verso la cultura ebraica”. Speranza di Della Rocca “è che i trattati vengano letti dai giovani”. E che, per ricavarne un maggiore arricchimento, lo studio avvenga “insieme a un rav o comunque in gruppo”. Il rav Ascoli ha quindi guidato il pubblico tra le pagine di Meghillà, pubblicato come i precedenti volumi da Giuntina, evidenziando alcuni spunti in materia di identità e leadership. Il trattato fa infatti capire, a più riprese, “la necessaria umiltà di cui deve dotarsi chi aspira ad essere guida”. Al riguardo il rav ha anche citato gli insegnamenti di un grande Maestro del Novecento come rav Soloveitchik, che molto aveva a cuore questo tema. Cohenca ha poi esposto nel dettaglio l’intera filiera che porta un trattato dall’originale ebraico alle mani dei lettori. Obiettivo principe quello “di offrire un volume che collega tutte le informazioni che dovrebbero renderlo accessibile senza nessuna preconoscenza”. Di grande interesse anche l’intervento di Caliò, che ha affrontato il tema della ricezione della figura di Ester nel mondo cristiano. Una traslazione il più delle volte in funzione antiebraica, come nel caso della contrapposizione proposta nel Medioevo tra chiesa (Ester) e sinagoga (Vashtì). Esempio eloquente “di quell’attenzione cui il Talmud ci esorta: i dettagli di cui abbonda, d’altronde, sono finalizzati a sottolineare aspetti storici e teologici”, ha evidenziato rav Di Segni. Non solo al passato risalgono le incomprensioni con la Chiesa. È il caso, ad esempio, della scelta effettuata da Wojtyla di presentare una figura come Edith Stein, nata ebrea e poi convertitasi, come novella Ester. “Come si vede, un tema pericoloso e tirato da tutte le parti possibili”.