Inaugurazione
Il 1° aprile 1925 il rabbino Abraham Itzhak ha-Cohen Kook iniziò il suo discorso nel giorno della fondazione dell’Università Ebraica di Gerusalemme con questa citazione del profeta Isaia:
“Alza intorno gli occhi e vedi: tutte le genti si radunano e vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, e le tue figlie sono portate al loro fianco. Allora sentirai paura, ma subito ti troverai nella contentezza; il tuo cuore s’intimorirà, e presto si allargherà, poiché verso di te si dirigerà una moltitudine da oltre il mare, e a te giungeranno le ricchezze delle nazioni” (Isaia, 60, 4-5).
Esiste un quadro che rappresenta quell’avvenimento. Centinaia di persone riunite per un evento di portata storica. Fra loro si riconosce la figura di Dante Lattes, in rappresentanza dell’ebraismo italiano. Rav Kook si chiese in quel momento perché Isaia avesse scelto di citare un sentimento come la paura (ben due volte) per parlare di un momento di gioia come dovrebbe essere quello della redenzione. Il contrasto fra il sentimento di contentezza e quello di timore è naturale e fa parte di ogni realizzazione nuova e compiuta. Grazie al contributo di istituzioni e di munifici benefattori il 14 giugno abbiamo potuto infine inaugurare ufficialmente il Memoriale della Shoah di Milano con la collocazione nei suoi spazi della biblioteca e dell’archivio della Fondazione CDEC. Ogni cambiamento porta con sé timori. Per cui sì, ha ragione il profeta Isaia a sottolineare la presenza giustificata di questi due sentimenti contrastanti. Io personalmente preferisco la contentezza, che accompagna l’entusiasmo per quel nuovo spazio che si apre sulla città.
Lavoriamo contornati dai ragazzi delle scuole che visitano il Memoriale, giovani collaboratori si avvicinano a noi come volontari e poi ci affiancano come colleghi. Si tratta di un passaggio decisivo: il lavoro di ricerca storica, la conservazione e catalogazione dei documenti d’archivio, delle fotografie, delle testimonianze, il monitoraggio dei linguaggi d’odio e antisemiti, l’attività didattica, la realizzazione di mostre, sono tutte cose che hanno bisogno di un profondo e continuo processo di rinnovamento. Sono nuovi i linguaggi (si pensi alle tecnologie digitali per la conservazione della memoria o alle nuove forme di comunicazione sui social), sono ogni giorno diverse le domande che ci provengono da una società in tumultuoso cambiamento. Il CDEC è pronto ad affrontare questa nuova sfida, e a farlo senza lasciare spazio alla paura. Siamo orgogliosi del percorso che in decenni ha fatto della nostra istituzione quella che è. Figlia della lotta di liberazione antifascista e dell’attivismo dei giovani ebrei italiani, la Fondazione CDEC si è andata trasformando nel tempo fino a strutturarsi come riconosciuto istituto di ricerca storica. Offriamo ora a Milano (fisicamente) ma a tutta Europa idealmente, la biblioteca più completa d’Italia sui temi dell’antisemitismo, delle persecuzioni antiebraiche e della storia della civiltà ebraica in età contemporanea. Apriamo alla consultazione un archivio con centinaia di migliaia di documenti (molti digitalizzati e consultabili online). Mettiamo a disposizione con i nuovi spazi, in collaborazione stretta con il Memoriale della Shoah, mostre tematiche, conferenze, seminari di formazione.
Nei mesi a venire riusciremo ad aprire la biblioteca al pubblico anche la domenica (a partire da settembre). Sono in programmazione diverse mostre. Nuove collaborazioni internazionali sono attive per implementare la strategia nazionale ed europea di contrasto all’antisemitismo. La ricerca storica sui resistenti ebrei prosegue il suo percorso, accanto a quella sulle origini stesse del nostro istituto e del Centre de Documentation Juive Contemporaine di Parigi. La collaborazione con il Mémorial di Parigi è stretta, come pure quella con lo Yad Vashem e con i maggiori istituti di ricerca. Intensificheremo con il progetto Edòth il lavoro sulle migrazioni di ebrei dal mondo arabo in Italia dopo la guerra: storie di persecuzione e di accoglienza, che caratterizzano in maniera profonda quel luogo, nel ventre della stazione centrale.
Un saluto ufficiale non può non prevedere dei sentiti ringraziamenti indirizzati a chi ha reso possibile la realizzazione di quel nuovo e importante luogo di studio, ricerca, memoria e incontro. Il primo ringraziamento va, di cuore, a tutte le colleghe e tutti i colleghi che in questi mesi hanno lavorato senza risparmiarsi per condurre a termine il trasferimento. Senza il loro aiuto, e senza l’aperta collaborazione degli amici del consiglio di amministrazione, nulla di tutto questo sarebbe stato possibile. Abbiamo ricevuto (e spero riceveremo in futuro) numerosi contributi e ringrazio molto gli amici che ci stanno sempre vicini. Fra questi, è fondamentale nominare in primis Andrew Viterbi la cui fondazione ha sostenuto in maniera incredibile i lavori per il nuovo CDEC, in memoria della cara moglie Erna Finci. Un pensiero di particolare gratitudine a Guido Ottolenghi, che ha voluto aiutarci in memoria del padre, Emilio Ottolenghi, della zia Luisella Ottolenghi Mortara (per decenni energica presidente del CDEC) e della cugina Raffaella Mortara, per tanti anni nostra vicepresidente e amica cara. Un ringraziamento affettuoso a David Ottolenghi e a Franco Hassan, che in questi mesi ci sono stati più che vicini con due importanti contributi. Un pensiero grato alla memoria della professoressa Ester Menascé, che ha voluto destinare un lascito generoso al nostro lavoro. E un saluto, infine, alla memoria di Alessandro Nistor, anziano amico del CDEC che ci ha lasciato innanzitutto la sua passione per i libri e la sua simpatia, ma anche un insostituibile supporto di cui sono certo sapremo fare buon uso, ricordandolo con affetto.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC