Macron e la Francia ingovernabile
Dai seggi è arrivato un duro colpo per Macron. Nel secondo turno delle legislative il suo partito ha perso la maggioranza assoluta in parlamento (si è fermato a 245 seggi, ma ne servivano 289) e ora sarà per il Presidente francese sarà molto complicato governare. “Tonfo di Macron. La «rivincita» di Le Pen e Mélenchon”, titola a riguardo il Corriere della Sera, evidenziando i successi elettorali dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. In particolare la coalizione Nupes guidata da Jean-Luc Mélenchon è diventata la principale forza d’opposizione con 135 seggi. Nel sottolinearne il risultato – comunque lontano dai numeri necessari per governare – il Corriere definisce Mélenchon il “Chavez francese” e ne parla come di un “sognatore terzomondista innamorato dell’America latina che fino a qualche mese fa riesumava formule anni Settanta per auspicare una Francia ‘non allineata’”.
Sul versante opposto fa rumore anche l’exploit di Marine Le Pen. Il suo partito è passato da 8 seggi in parlamento a 89. “Un’affermazione insperata, che rimette in discussione anche la strategia per le prossime presidenziali del 2027: a questo punto, non è più così sicuro che Marine Le Pen rinunci alla quarta candidatura”, scrive il Corriere.
Ancora una volta, aggiunge Repubblica, è il partito degli astensionisti che ha vinto: 54 per cento, 26 milioni di elettori che non sono andati alle urne. Per il quotidiano “l’opposizione darà filo da torcere al capo di Stato, che da ieri sera è un leader zoppo. Mélenchon e Le Pen promettono di usare strumenti parlamentari finora poco usati, compresa la ‘mozione di censura’ contro il governo, che può portare alle sue dimissioni se viene adottata dalla maggioranza dei deputati”. Sul fronte ucraino poi, sia Mélenchon che Le Pen hanno sposato posizioni ambigue che potrebbero avere ripercussioni sull’impegno francese al fianco dell’Ucraina.
Governi instabili. Oltre a un Macron depotenziato, anche il Presidente del Consiglio italiano Draghi deve fare i conti con una maggioranza instabile. In particolare si parla di una mozione Cinque Stelle sull’invio di nuove armi all’Ucraina che potrebbe spaccare la coalizione di governo. Secondo la Stampa, il movimento avrebbe però rinunciato “ad un passaggio esplicito contro l’invio di nuove armi”, ma insiste perché “si parli del ‘ruolo del Parlamento’ laddove si dovessero rendere necessarie nuove forniture. La questione è politicamente delicata, ma è difficile immaginare che l’ala cosiddetta pacifista ottenga ragione: l’invio di armi senza voto è autorizzato fino alla fine di quest’anno dal primo decreto votato a larga maggioranza dopo l’inizio dell’attacco russo”. La mozione sarà anticipata da un discorso di Draghi in cui ribadirà, spiega il quotidiano torinese, l’impegno italiano nel sostenere l’Ucraina, militarmente così come per il suo ingresso nell’Ue.
L’Israele d’Europa. Secondo il direttore del Foglio Claudio Cerasa ci sono diverse somiglianze tra Israele e l’Ucraina aggredita dalla Russia. “Li vogliono cancellare entrambi dalla carta geografica. Li vogliono minacciare entrambi con le armi nucleari. Li vogliono costringere ad abbandonare le proprie terre. Li vogliono annientare entrambi con metodi terroristici. E alla fine dei conti, per ragioni diverse, con sfumature diverse, con storie diverse, entrambi i paesi oggi rappresentano due avamposti formidabili, per l’occidente, nella lotta quotidiana contro i nemici delle democrazie liberali”, scrive Cerasa. Nell’articolo si ricorda poi come molti dei punti di riferimento della politica e cultura d’Israele abbiano origini ucraine, da Levi Eshkol, Moshe Sharett e Golda Meir fino Haim Bialik. I due paesi, scrive Cerasa, “lottano per difendere la propria democrazia. Entrambi lottano per rivendicare la propria tortuosa strada verso l’autodeterminazione. Putin voleva invadere il Donbas per denazificare l’Ucraina ma il risultato è stato l’opposto: trasformare l’Ucraina nell’Israele d’Europa. Non un grande lavoro”.
La durata della guerra e le risorse alternative. Lo ha già detto in passato e lo ha ribadito in questi giorni: per il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, è chiaro che il conflitto in Ucraina durerà ancora a lungo. “Dobbiamo prepararci al fatto che la guerra potrebbe durare anni”, ha dichiarato alla stampa tedesca. Dall’altro lato, ha aggiunto, “anche se il costo è alto sia in termini militari sia civili per il prezzo dell’energia e degli alimenti, dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina” (Corriere). Sul fronte dell’energia, intanto, per l’Italia arriva la notizia della decisione del Qatar di scegliere Eni come nuovo partner internazionale per l’espansione della capacità di esportazione di gas naturale liquefatto di Doha dagli attuali 77 milioni di tonnellate all’anno a 110 milioni. Il progetto – denominato North Field East (Nfe) – è il più grande al mondo e dovrebbe essere operativo dal 2025, racconta Repubblica. Sul presente invece sia Italia che Germania stanno lavorando per ridurre i consumi e per trovare in paesi che non siano la Russia il gas necessario a riempire, per l’inverno, i depositi di stoccaggio.
Permessi di lavoro. Israele ha aumentato la scorsa settimana a 20mila i permessi di lavoro per i palestinesi di Gaza. “L’incremento deciso dal Ministero della Difesa viene incontro a quanto già ampiamente fatto sapere da tutte le agenzie di sicurezza israeliane: – riporta il Fatto Quotidiano – senza un allentamento del blocco della Striscia ci sarà presto un altro sanguinoso conflitto. A metà del 2021, soltanto 7.000 palestinesi avevano i permessi per lavorare o commerciare in Israele. Funzionari della Difesa affermano che consentire a più abitanti di Gaza di lavorare in Israele aumenterà il reddito tanto necessario nell’enclave costiera impoverita, incoraggiando al contempo la stabilità”.
Israele porta fortuna alla ritmica italiana. Dopo 38 anni la ginnastica ritmica italiano ha conquistato il suo primo oro individuale agli Europei. A vincerlo, nella competizione di scena a Tel Aviv, la diciottenne Sofia Raffaeli che ha superato, racconta il Corriere, l’israeliana Atamanov e la bulgara Kaleyn.
Daniel Reichel