Israele, elezioni a novembre

Il primo passo per sciogliere la Knesset è stato fatto. In via preliminare i parlamentari hanno votato a favore della sua dissoluzione e quindi del ritorno alle urne. Mancano ancora quattro votazioni per il via libera definitivo, ma il destino sembra segnato. La data emersa come più probabile per le nuove elezioni – le quinte in meno di tre anni – è quella del Primo novembre. I partiti trattano e cercano di trovare l’accordo. Ma a complicare i negoziati è arrivata sul tavolo una proposta di legge che l’attuale coalizione vorrebbe far passare e che l’opposizione vuole invece bloccare. La norma vieterebbe a chiunque sia stato accusato di gravi reati di diventare Primo ministro e andrebbe a colpire il leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu, attualmente sotto processo per corruzione, frode e abuso d’ufficio. Molto difficile che la legge passi, considerando che alcune voci della coalizione, tra cui il Premier uscente Naftali Bennett, hanno detto che non la voteranno. Ma rimane comunque un tema caldo con Netanyahu impegnato a evitare sorprese.
Nel mentre, spiegano i quotidiani locali, proprio il leader del Likud sta cercando di organizzare lui una sorpresa: trovare una maggioranza alternativa dentro la Knesset e mantenere così viva la legislatura. L’operazione è molto difficile. Con già tre defezioni dal partito di Bennett (Yamina), mancano a Netanyahu ancora cinque parlamentari da convincere. I media suggeriscono che Ayelet Shaked sia disposta a fare il salto. Al Likud servirebbe però convincere anche qualcuno del partito Nuova Speranza o di Kachol Lavan. E al momento sono arrivate solo risposte negative.
L’orizzonte più realistico rimane lo scioglimento la prossima settimana, che porterebbe Yair Lapid – prossimo sfidante di Netanyahu per la leadership del paese – a diventare Primo ministro ad interim. In questa veste Lapid dovrebbe accogliere il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden il prossimo 13 luglio nella sua missione in Medio Oriente. Un viaggio da cui potrebbero emergere nuove evoluzioni nei rapporti tra Israele e paesi arabi. Almeno questo quanto ha suggerito l’assistente del Segretario di Stato americano per gli Affari del Vicino Oriente, Barbara Leaf. “Stiamo lavorando, nello spazio che non è di dominio pubblico, con un paio di altri Paesi. E penso che vedrete alcune cose interessanti nel periodo della visita del presidente”, le parole della rappresentante di Washington. Leaf non ha voluto approfondire, ma uno degli obiettivi sembra aprire a una normalizzazione dei rapporti tra Gerusalemme e Riad. Un passaggio complicato, che però se raggiunto cambierebbe – nel solco degli Accordi di Abramo – gli equilibri mediorientali.