Vizi privati
e pubbliche virtù

Ho sempre pensato che la realtà socio-politica italiana e quella israeliana, apparentemente così lontane e diverse, avessero di fatto molti aspetti in comune. Le vicende di questi giorni me ne offrono una conferma evidente. Se scegliamo per convenzione di definire “pubblico” ogni aspetto che riguarda ruoli e rapporti internazionali e “privato” ogni settore della vita politica interna (che certo ha anch’essa un suo preciso spessore pubblico), cogliamo insospettabili analogie. In ambito pubblico, agli occhi del mondo, Italia e Israele appaiono in questa fase un esempio di lodevole, preziosa iniziativa: l’Italia di Draghi guida con Francia e Germania l’azione dell’Unione Europea in appoggio all’Ucraina aggredita, guardando comunque – al di là degli aiuti in armi – a possibili (?) future prospettive di pace; l’Israele di Bennett-Lapid-Gantz (già peraltro “archiviata” dal recente annuncio della crisi di governo e di nuove elezioni il 1° novembre) si è guadagnato sul campo il ruolo di potenziale interlocutore dello Zar Putin in vista di una trattativa, proponendosi inoltre – grazie al cospicuo giacimento marino Leviathan, vicino al Libano – come futuro fornitore di gas verso le sponde italiane del Mediterraneo, quando come previsto l’intero continente si sarà emancipato dagli approvvigionamenti russi. E’ stato certo molto significativo vedere Draghi a Gerusalemme, seguito a breve dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, parlare di gravissime questioni internazionali col Presidente Herzog e col Premier Bennett.
Ma il parallelo continua nel settore privato, cioè tra le mura di casa, dove le situazioni politiche italiana e israeliana si mostrano invece confuse, ricche di contraddizioni e piene di incognite. In Italia, dopo una incessante polemica pentastellata condotta da Giuseppe Conte contro l’invio di armi all’Ucraina già approvato dalle Camere, è esplosa la deflagrazione che ha definitivamente spaccato il Movimento Cinque Stelle, portando all’uscita di un suo capo storico come il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio e alla nascita del nuovo gruppo parlamentare centrista da lui formato con i sessantadue che lo hanno seguito: a parole per incompatibilità con lo schieramento non abbastanza filo-atlantista del Movimento, di fatto per cercare nuovi spazi e nuovi posizionamenti in una campagna elettorale cominciata con molti mesi di anticipo; parallelamente, a destra si è vieppiù acceso lo scontro tra un declinante Matteo Salvini e una più che mai emergente Giorgia Meloni: anche qui, al di là delle differenti visioni conta misurarsi in vista della resa dei conti elettorale del 2023. In Israele è ancora più difficile cogliere le diverse prospettive presentate dai vari protagonisti; di fatto, era quasi fatale che un governo fondato sulla maggioranza di un solo seggio parlamentare non avesse basi forti per poter sopravvivere a lungo: l’instabile maggioranza è durata un anno, e l’esecutivo Bennett-Lapid ha fatto cose importanti, ma ora siamo di nuovo al vecchio problema dell’ingovernabilità, dell’instabilità, del continuo ricorso a nuove elezioni. E anche qui, come in Italia, la rottura degli equilibri è occasione di litigi e di recriminazioni. Il clima ideale per quel consumato animale politico che è Bibi Netanyahu, di nuovo pronto a trionfare alle urne e a riprendersi il potere nonostante il processo, nonostante le continue contestazioni di cui era oggetto sino a non molto tempo fa. Forse questa è l’unica sostanziale differenza tra le tante analogie: in Israele, anche se Bibi ha molti avversari, esiste un netto favorito nella competizione elettorale alle porte; in Italia questo non si può dire, il Paese appare spaccato in due, forse in tre: destra, centrosinistra, centro.
Insomma, pur nelle basilari differenze culturali italiani ed israeliani nel fondo si somigliano, tanto nelle virtù costruttive quanto nei vizi di rancorosità. Da cosa poi dipendano queste loro caratteristiche non è facile dire. Ma ci possiamo provare. Gli israeliani, è evidente, intessono relazioni con l’altro e litigano tra loro in quanto ebrei, anzi in quanto ebrei tra gli ebrei del mondo. Per gli italiani, possiamo evocare secoli di passione politica e di divisioni stracittadine che ne accompagnano la storia sin dall’epoca dei Comuni. Anche se poi sono i differenti sistemi politici, i diversi meccanismi della democrazia, le situazioni concrete a creare le condizioni di convivenza, di accordi, di rotture e contese.
David Sorani

(28 giugno 2022)